Il sindaco Roberto Canesi spiega come il Comune sia riuscito a rendersi economicamente indipendente dalla Casa da Gioco, appena riaperta dopo tre anni e mezzo di stop.
Dicono che Campione non sia più quel che la gente di fuori aveva imparato a credere che fosse: un paese piagnucoloso, che batte i piedi sulla terra per riavere a ogni costo il proprio privilegio, e adagiarsi infine sugli allori di guadagni troppo facili. Giura al contrario il sindaco Roberto Canesi che l’immagine di sé è qualcosa di assai più lusinghiero: un piccolo popolo fiero delle proprie tradizioni e del Casinò, certo, ma che ha smesso di pretendere. Si è rimboccato le maniche con quel coraggio che solo trova chi è perduto e adesso guarda avanti, oltre il peggio che temeva.
Sindaco, chi siete dunque oggi?
"Siamo un paese che ha un grande potenziale. La gente si è dovuta rendere conto che la realtà di dieci anni fa non è più ripetibile. Il momento è diverso, lo stesso Covid ha mutato il quadro. Oggi è tempo di rimboccarsi le maniche e risalire la china".
In che modo?
"La nostra posizione è cambiata. In passato vivevamo dei proventi della Casa da gioco, che copriva i costi del Comune. Era un circolo vizioso. A un certo punto si è creato il cortocircuito e il castello è crollato. Il paese era in completo dissesto. Molti nuclei familiari sono stati costretti a chiedere aiuto".
Eppure la gente è rimasta affezionata al "suo" Casinò. Il giorno della riapertura non è passata inosservata la presenza di molti campionesi.
"E’ stata un’eccezione. Di norma chi vive a Campione non può entrare, salvo deroghe. Ma la curiosità era molta ed è andata molto bene. C’è stato un buon riscontro di pubblico: segno che, anche se il Casinò è rimasto chiuso per quasi quattro anni, l’immagine è rimasta".
Ha mai creduto che non fosse possibile? Che il disastro avesse rovinato per sempre reputazione e affetti?
"Posso dire che mi aspettavo un risultato meno rilevante, anche tenuto conto dei problemi generati dal Covid. Anche nel prosieguo l’afflusso è stato buono. Il trend si sta consolidando".
Dunque ce l’avete fatta, ma di chi parliamo: del Casinò o del Comune?
"Sicuramente la riapertura del Casinò è stata positiva per il Comune. Ha portato posti di lavoro alla gente. Oggi i dipendenti della Casa da gioco sono 174, ma se si considerano i servizi esternalizzati si arriva anche a 220-230 persone".
C’è chi dice però che gli stipendi siano troppo bassi. Lei che cosa pensa?
"Gli stipendi sono misurati su parametri in linea con quelli del Casinò di Lugano. A chi piange chiedo che cosa farebbe se non fosse qui".
In Comune si guadagna di più, si mugugna. Può spiegare perché?
"Attenzione, i rapporti degli attuali dipendenti comunali erano già esistenti. Sono legittimi, maturati negli anni, ridurli non sarebbe possibile. I nuovi che dovessero arrivare guadagneranno di meno".
Altro malumore viene dalla rinuncia agli ispettori comunali nella Casa da gioco. Come mai?
"Non è stata una nostra scelta. Chi dice altro, si documenti. Il commissario ha cancellato questa funzione, che non è obbligatoria per legge. Siamo in una fase di riequilibrio di bilancio, la nostra pianta organica è bloccata fino a giugno dell’anno prossimo".
L’amministratore delegato ha dichiarato però che un controllo in più non guasterebbe.
"Oggi ci sono strumenti che garantiscono il controllo del gioco e la gestione del denaro. Se in futuro avremo questa possibilità, cercheremo di restituire al Casinò questa figura, di cui comunque è venuta meno l’utilità. L’impostazione della Casa da Gioco è ben diversa da quella che era 10/15 anni fa, quando il Comune aveva una partecipazione sugli incassi".
Oggi invece?
"Nell’ambito del concordato, il Comune riceverà contributi fissi nell’arco dei prossimi cinque anni: 500.000 il primo, un milione il secondo, poi uno e mezzo, due milioni e due milioni e mezzo, per un totale di sette milioni e mezzo. Li useremo per le opere pubbliche: il territorio è stato trascurato per troppo tempo".
E se il Casinò non riuscisse a pagare?
"Il bello è questo. Se il Casinò non sarà in grado di versare queste somme, ciò non inciderà sugli equilibri del Comune. Se la Casa da gioco dovesse fallire, Campione rimarrebbe cioè senza opere pubbliche, ma saprebbe cavarsela. Oggi il Comune è autonomo e in equilibrio finanziario. Abbiamo presentato il bilancio di riequilibrio giusto una decina di giorni fa".
Come è stato possibile?
"Grazie a un contributo annuale di Stato che sarà concesso fino al 2046, ma anche con la riduzione del personale. Il Comune è passato da cento dipendenti a 17, di cui quattro part-time. Adesso siamo al lavoro per ripristinare quei servizi che avevamo dovuto sospendere: l’asilo, l’assistenza sociale".
Altro?
"Abbiamo anche svolto una grossa operazione di rinegoziazione del mutuo con Banca Intesasanpaolo e Popolare di Sondrio per lo stabile del Casinò. Finiremo di pagare nel 2034, senza oneri aggiuntivi. Un’operazione indolore e brillante, che ha liberato risorse da destinare al territorio".
Si aspettava tutto questo, quando ha cominciato?
"Io sono arrivato nell’ottobre del 2020, con qualche titubanza. Mi sono lasciato coinvolgere. E no, non pensavo di riuscire a fare tutto questo in appena un anno e mezzo".
Perché provarci?
"Era obbligatorio, doveroso. Il Casinò è nella cultura e nella tradizione del territorio. Una tradizione ben radicata, come dimostra la realtà di oggi".
Qualcuno da ringraziare?
"Il merito è di tutti gli amministratori, compresi quelli di minoranza. E’ delle istituzioni, della stampa: l’atteggiamento del’opinione pubblica è andato gradualmente migliorando e ha convinto anche gli scettici. Abbiamo ottenuto credibilità".
Ma la colpa, alla fine, di chi è stata?
"Perché dare colpe? Io sono un uomo sportivo. Quando si raggiunge un obiettivo, va bene così".
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter