Doomscrolling, una brutta abitudine divenuta ancora più comune e diffusa in seguito all’avvento della pandemia da Covid 19 su scala globale
Il doomscrolling è un termine divenuto purtroppo a noi famigliare negli ultimi anni: la pandemia globale ha certamente contribuito a diffondere ulteriormente questo problema. Basta un momento di particolare preoccupazione e di sconforto, ed ecco che ci ritroviamo immersi in una sorta di bolla negativa di brutte notizie, dalla quale è difficile uscire.
Cerchiamo di definire il concetto di doomscrolling e di come questa brutta abitudine è divenuta negli ultimi anni molto comune in Svizzera.
Doomscrolling cos’è
Per doomscrolling si intende la tendenza di alcune persone ad interessarsi e a leggere solamente le brutte notizie. Questa brutta abitudine è particolarmente diffusa tra le persone che soffrono di ansia e di depressione. Risulta infatti decisamente logico pensare che un persona tenda naturalmente ad allinearsi con ciò che è più vicino al proprio pensiero o stato d’animo.
Per questa ragione, chi soffre di depressione tende infatti a ricercare e ad imbattersi in notizie brutte o negative, che in un certo senso confermino la propria visione negativa della vita, accentuando il proprio malessere psicofisico. In certi casi e in alcune particolari circostanze il doomscrolling diviene una vera e propria dipendenza.
Doomscrollin, come smettere e liberarsi da questa brutta abitudine
Come avviene in tutti i tipi di dipendenza, il primo passo per provare a smettere è essere consapevoli di avere un problema e di dover affrontarlo in modo serio, senza sottovalutarlo. Combattere il doomscrolling significa porsi dei limiti: ad esempio decidere di leggere e scorrere le notizie, solamente per mezz’ora al mattino e magari solo una decina di minuti al pomeriggio, ma non di più.
Quando si avrà la tentazione di prendere tra le mani il proprio tablet o smartphone per ricercare brutte notizie, bisognerà sostituire la nostra voglia con delle abitudini più sane, quale ad esempio leggere un libro, cucinare, praticare dello sport o semplicemente camminare.
Doomscrolling, la situazione in Svizzera
Al doomscrolling, si stanno accompagnando da diversi anni, in Svizzera come nel resto del mondo, altre dipendenze che riguardano il mondo digitale: dipendenze dai videogiochi, amplificato dall’uso intensivo di tablet e smartphone, o semplicemente la dipendenza dallo schermo televisivo, amplificata in questo caso dalle nuove smart tv e dall’aumento esponenziale delle interazioni digitali e web che caratterizzano i nuovi dispositivi.
Basti pensare ai nuovi canali digitali come Netflix e Prime Video, o semplicemente all’utilizzo di alcuni social e App con l’ausilio di smart tv (uno su tutti YouTube).
Al giorno d’oggi non esiste una vera e propria definizione universale o diagnostica di questo problema, riconosciuta ed accettata da tutti. A volte il problema viene semplicemente etichettato come “utilizzo problematico di internet”, stando a quanto riportato da Monique Portner-Helfer, portavoce di Dipendenza Svizzera, centro nazionale competente nella Confederazione in questo ambito.
In Svizzera l’attenzione relativa ai problemi di utilizzo problematico di internet, si soffermano in particolare sull’attivazione del sistema di ricompensa del cervello operato ad esempio dai giochi d’azzardo in rete e dai video games online: queste al momento le uniche due categorie che figurano ad oggi nella lista delle patologie che figurano nella Classificazione Internazionale redatta dall’Organizzazione Mondiale della sanità.
L’ente Dipendenza Svizzera è costantemente impegnato nella pubblicazione di rapporti che comprendono dati accurati relativi alla salute psicofisica delle persone in età scolastica. L’ultima edizione appositamente dedicata all’uso degli schermi, con particolare riferimento ad internet e ai social media, risale a prima dell’avvento della pandemia, ed in particolare al 2018.
I dati raccolti risalenti a quell’anno avevano evidenziato di come più della metà dei soggetti di un’età compresa tra gli 11 e 15 anni, prende parte a discussioni ed interazioni online diverse volte al giorno e in alcuni casi ad ogni ora del giorno.
Sempre in riferimento all’indagine del 2018 è facile comprendere di come gran parte degli adolescenti siano in un certo senso “incollati” al proprio smartphone. E’ bene tuttavia precisare che solo il 4% dei giovani, sembra era consapevole o ammetteva un utilizzo problematico che riguardava il proprio smartphone (videogames o social media in rete).
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