Dopo la riunione, Kuroda volerà a Davos in occasione del World Economic Forum.
Nei mesi scorsi, la Bank of Japan (BoJ) si è contraddistinta da tutte le altre banche centrali poiché aveva scelto di mantenere una politica monetaria ultra accomodante, decidendo di non abbandonare il tasso negativo a -0,10%, in vigore dal febbraio del 2016. Ma ora l’inflazione è andata fuori controllo, con un tasso che è arrivato al 4%, ai massimi da oltre 40 anni. Inoltre, i rendimenti dei bond a 10 anni sono balzati allo 0,504%, oltre il tetto fissato dall’istituto centrale a dicembre, allo 0,50%.
Oltre alla pressione inflazionistica, la BoJ in questi giorni si sta confrontando con un altro problema: il rafforzamento dello yen, penalizzando l’esportazione. Condizioni che spingono il mercato a scommettere sul rialzo dei tassi e sull’abbandono della politica dell’Abenomics e dei tassi negativi che, come si legge su Money.it, hanno permesso al Paese di uscire dal periodo di deflazione.
Altre voci però sostengono che la politica monetaria del Giappone resterà invariata, fino a quando l’attuale governatore Haruhiko Kuroda lascerà il timone della banca centrale al suo successore in aprile.
Quel che è certo è la BoJ sembra essere pronta a cambiare rotta. A dicembre, confermando i tassi di interesse in atto, ha alzato la soglia di tolleranza per i movimenti dei rendimenti sui titoli governativi a 10 anni nel range compreso tra -0,50% e +0,50%, per allentare le pressioni sul rialzo dei tassi.
Operazione da 5 trilioni di yen
La strategia che l’istituto centrale mette in atto dal 2016 sui rendimenti dei JGB a 10 anni, si è dimostrata sino ad ora efficace. La la politica monetaria ultra accomodante è stata infatti sostenuta dalla riduzione di ritmi di acquisto mensili e tramite la stabilizzazione del cambio con il dollaro. Nel 2022 tali rendimenti sono rimasti fermi allo 0,25%, limite superiore della banda di oscillazione stabilita nel 2021, balzando poi nelle ultime settimane al nuovo limite e oltre. Settimana scorsa, la BoJ ha acquistato 4,6 trilioni di yen di obbligazioni con un’operazione non programmata, per difendere il suo obiettivo. Operazione che è costata il 5% del Pil del Giappone.
Ora la banca centrale può continuare ad acquistare obbligazioni, ma al momento detiene più della metà della carta in circolazione, creando una serie di distorsioni nel mercato, tra cui una maggiore volatilità dei prezzi e una netta riduzione della liquidità.
Quali scenari?
Il Financial Times ne ha individuati tre.
Il primo sostiene che la BoJ mercoledì abbandonerà totalmente la strategia YCC, consentendo così al nuovo governatore della banca centrale di agire con maggior libertà a partire da aprile. Secondo Nomura, tuttavia, per poterlo archiviare sarà necessario portare l’inflazione al 2%, implicando dunque un abbandono dei tassi negativi.
Il secondo, sostenuto da economisti di Ubs e Nomura, la BoJ non modificherà la politica monetaria, lasciano ancora del tempo ai mercati per digerire le variazioni introdotte a dicembre.
Il terzo e ultimo scenario, proposto da Morgan Stanley MUFG, designa un ulteriore allargamento dell’intervallo di oscillazione dei rendimenti a 10 anni fino allo 0,75% o all’1%. Secondo Mark Dowding, Chief Investment Officer di BlueBay Asset Management, la BoJ potrebbe alzare ulteriormente il limite superiore per i rendimenti a 10 anni allo 0,75% entro la fine di marzo, mentre altri, tra cui Mitsubishi UFJ Morgan Stanley Securities, osservando il continuo aumento dei rendimenti e le distorsioni presenti sulla curva, ritengono che la banca centrale del Giappone potrebbe presto porre fine alla strategia YCC.
Un ulteriore allargamento del range di tolleranza rischia però di mettere in dubbio la credibilità della banca centrale, allontanando il rendimento a 10 anni dall’obiettivo della BoJ pari a zero.
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