L’allarme dell’associazione di categoria: troppi clienti vanno a rifornirsi in Italia, dove il governo ha tagliato le accise (e i prezzi). La Svizzera, invece, latita.
I numeri sono di quelli che fanno impressione. Nella consueta guerra sotterranea che da sempre contrappone non la Russia all’Ucraina, ma l’Italia alla Svizzera e al Canton Ticino, c’è un elemento nuovo che si aggiunge ad alimentare la rivalità e il malcontento. È il prezzo della benzina, su cui il conflitto nell’Est Europa ha avuto parecchia voce in capitolo, ma che ora è influenzato soprattutto da scelte politiche diverse prese dai due Paesi per affrontare l’incremento esorbitante. Mentre l’Italia ha deciso di tagliare, sia pur temporaneamente, le accise, la Svizzera, nonostante gli appelli delle associazioni e dei cittadini, temporeggia da settimane. Risultato: nell’ultimo mese le vendite delle pompe di benzina ticinesi sono crollate. Addirittura del 90%, nelle fasce più prossime al confine.
Centonze: «Colpiti dalle decisioni europee»
A confermare l’allarme è il presidente dell’associazione ticinese stazioni di servizio Matteo Centonze, segnalando la situazione particolare della Svizzera italiana a ridosso delle province di Como e Varese. «A livello svizzero, il Ticino è il cantone più colpito dalle politiche europee di riduzione del prezzo dei carburanti», osserva Centonze, proprio nel giorno in cui le statistiche del commercio al dettaglio, lette con superficialità, sembrerebbero dire l’opposto. Nel mese di marzo, infatti, il giro d’affari è calato del 6,6% in termini reali (5,9% nominali) rispetto a un anno fa, eccezion fatta per i distributori di benzina, dove si è registrato un incremento invece del 17%.
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Ma un anno fa era il tempo del Covid e dello smartworking, dei trasporti ridotti all’essenziale; oggi è il tempo dei prezzi fuori di misura e dell’Italia che, a partire dall’ultima settimana di marzo, offre tariffe molto più vantaggiose: così, gran parte della gente che può va in Lombardia a fare il pieno, dove un litro è pagato intorno a 1,70 invece di 2 franchi. Ecco dunque che la benzina subisce ribassi pesantissimi, a detta di chi opera in un settore già piegato, negli scorsi mesi, dal Covid. Se a Locarno e nel Bellinzonese le flessioni sono del 15% e nel Luganese intorno al 20%, «vicino alla frontiera vanno dal 70% fino al 90%».
Dal -30 al -90%: appello alla Confederazione
Fino al 30% di calo nel 2021 per via della mobilità ridotta dalla pandemia, segnalavano preoccupati i titolari delle stazioni già allora; in poco tempo, si è arrivati a tre volte tanto. Adesso, dunque, c’è solo da sperare una delle tre: che la guerra non continui a lungo, che l’Italia non rinnovi le misure per la riduzione del prezzo dei carburanti - le quali dovrebbero invece essere prolungate in questi giorni fino al 30 giugno - o che la Svizzera prenda provvedimenti analoghi e annulli la disparità. Altrimenti, mancati introiti di tale portata rischiano di fare molto più male del Coronavirus. «Per due anni, dal 2020 al 2021, il comparto ticinese ha subito perdite nella vendita di carburante del 30% circa, a causa del crollo della mobilità internazionale e lavorativa», ha dichiarato infatti Centonze al Corriere del Ticino, annunciando di avere scritto come associazione di categoria al Consiglio federale, nelle persone di Ueli Maurer e Guy Parmelin, e di voler presto rivolgersi anche al Consiglio di Stato. «Ora, dopo una timida ripresa, la storia si ripete con esiti anche peggiori».
Shop chiusi: spettro disoccupazione
Alcune stazioni, già in difficoltà severa, avrebbero per esempio cominciato a ridurre gli orari di apertura o addirittura a chiudere gli shop, per risparmiare sui costi del personale: un altro problema sociale con cui fare i conti, che nemmeno nell’assenza di alternative più concrete può dunque venire interpretato come giusta soluzione.
Tagli alle tasse o buoni benzina
Resta la difficoltà, per la politica, di decidere come agire. Una possibilità, ipotizzata dallo stesso Centonze, è quella dei buoni benzina da spendere in Ticino; la spesa pubblica che però verrebbe generata assottiglia le probabilità di un consenso allargato. Da definire con una certa urgenza è dunque se operare con tagli a tasse e imposte o con misure compensatorie; che invece ci sia qualcosa da fare, al più presto, pare non esservi più dubbio.
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