Bitcoin è davvero una minaccia per l’ambiente a causa dell’alto consumo di energia?

Claudia Mustillo

06/05/2021

18/06/2021 - 12:27

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Un fenomeno complesso e ancora poco chiaro e trasparente quello del consumo di energia da parte di bitcoin. Secondo alcuni questo impatterebbe sull’ambiente, secondo altri non è poi così facile dimostrarlo.

Quanta energia consumano i bitcoin? Sono davvero una minaccia ambientale? Una domanda che forse spesso ti sei posto senza però riuscire a trovare una risposta. Recentemente la questione è stata affrontata anche nel dibattito pubblico, mondo dei media in prima fila. Cerchiamo allora di esaminare il fenomeno nel modo più completo, semplice ed esaustivo possibile, nonostante la sua grande complessità e la poca trasparenza.

Quanto consumano i data center del pianeta?

Secondo le stime dell’Università della California tutti i data center del pianeta, sia quelli utilizzati da Facebook, Instagram, Twitter, ma anche da servizi di streaming come Netflix o ancora quelli utilizzati da aziende, banche e istituzioni, consumano circa 200 terawattora all’anno, poco meno dell’1% dell’energia consumata a livello globale.

In questo calcolo, però, non sono compresi i bitcoin. L’Università di Cambridge stima un consumo di energia solo per i bitcoin di circa 110 terawattora all’anno. I bitcoin consumano poco meno del 60% dell’energia che è necessaria al funzionamento dei data center del pianeta, arrivando a un totale dello 0,55% della produzione globale di energia; cifra equivalente più o meno al consumo energetico annuale di paesi come la Malesia o la Svezia. Secondo la stampa il consumo energetico del bitcoin è a dir poco eccessivo.

Perché il consumo energetico dei bitcoin è così elevato?

I bitcoin sono gestiti da una blockchain, letteralmente catena di blocchi, che sfrutta le caratteristiche di una rete informatica di nodi e permette di gestire e aggiornare un registro contente dati e informazioni. Il registro delle informazioni è quindi strutturato come una catena di blocchi e il consenso è distribuito su tutti i nodi della rete, tutti possono validare le transazioni da includere nel registro.

Il processo di convalida delle transazioni viene incentivato a livello economico, dal momento che il primo nodo che valida la transazione ottiene in cambio una somma di bitcoin, circa 6,25 per ogni transazione. Questo processo è noto come mining e per svolgerlo sono richiesti dei computer progettati ad hoc e ben lontani da quelli che utilizziamo tutti i giorni.

Energia consumata versus emissioni di Carbonio

In un articolo pubblicato su Harvard Business Review, viene spiegato come bisogna fare attenzione a distinguere tra energia consumata ed emissioni di Carbonio. Infatti, si legge nell’articolo che determinare l’energia consumata dai bitcoin è un’operazione abbastanza facile, ma quello che è difficile è associare il preciso mix energetico, cioè la composizione delle fonti di energia utilizzate dai computer. Un’unità di energia elettrica avrà un impatto ambientale inferiore rispetto alla stessa unità alimentata a carbone.

Un rapporto del 2019 ha infatti suggerito che il 73% del consumo di energia di Bitcoin era a emissioni zero, questo perché viene utilizzata in abbondanza energia rinnovabile come quella idroelettrica per i principali hub di mining.

Nel settembre del 2020 questa stima si è abbassata al 39%, che comunque rimane un buon risultato se si pensa che un paese come gli Stati Uniti riesce a utilizzare quasi 20% della produzione di energia rinnovabile rispetto all’energia totale prodotta nel paese stesso. Per questo secondo l’autore non è affidabile guardare solo al consumo di energia totale del bitcoin. Bisogna però tenere anche in considerazione che bitcoin non è l’unica moneta digitale, Ethereum infatti ha annunciato di voler modificare il processo di mining - attualmente uguale a quello di bitcoin - proprio con lo scopo di ridurre il consumo energetico.

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