La banca elvetica, segnata dalle dichiarazioni del suo principale investitore, trascina con sè verso il basso anche altri istituti europei, come Monte dei Paschi e Societe Generale.
Ancora guai per Credit Suisse, che crolla in Borsa trascinando con sè tutti i listini Ue. "Colpa" di una dichiarazione del suo principale investitore, la Saudi National Bank, che ha affermato non fornirà più alcun aiuto finanziario alla banca svizzera. «Non possiamo perché andremmo oltre il 10%. È una questione normativa», ha dichiarato il presidente Ammar Al Khudairy intervistato da Bloomberg TV.
In mattinata azioni a -21%
Così, il titolo ha cominciato a perdere terreno in maniera sempre più rapida, ritrovandosi a -21% nel giro di poche ore, fino alla sospensione delle contrattazioni dopo che il valore delle azioni, questa mattina, è sceso sotto i due franchi. Una decisione, quella dell’interruzione, che Credit Suisse ha peraltro condiviso con altre banche, come Societe Generale, Monte dei Paschi, Finecobank e UniCredit, parimenti segnate da performance deludenti.
L’ultimo scambio: -29%
Il titolo ha lievemente recuperato intorno alle 13, per poi ricominciare a perdere nel pomeriggio. L’ultimo scambio ha segnato un clamoroso -29%: una disfatta che ha accelerato la svendita delle azioni tra i finanziatori, già alle prese con il fallimento della Silicon Valley Bank.
Il paradosso del piano di trasformazione
Eppure la Banca saudita, che lo scorso anno aveva aquisito una partecipazione del 9,9% nell’ambito dell’aumento di capitale da 4,2 miliardi di dollari, all’agenzia di stampa Reuters aveva appena ribadito di essere soddisfatta del piano di trasformazione presentato da Credit Suisse. Al punto, però, da non ritenere necessario un nuovo esborso di denaro per fornire ulteriore liquidità alla banca. «È una banca molto forte - queste le parole di Al Khudairy - Non credo che avranno bisogno di soldi extra; se guardiamo ai ratio vanno bene. E operano sotto un forte regime regolatorio in Svizzera e in altri Paesi». Un apparente paradosso che ha generato il tracollo di questo 15 marzo.
Lehmann: «Parliamo d’altro»
Ai microfoni della Cnbc, durante una tavola rotonda a Riyadh, il presidente Axel Lehmann ha rifiutato di commentare l’accaduto e di dichiarare se Credit Suisse potrebbe, in un futuro prossimo, avere bisogno di aiuto governativo. «Non è questo l’argomento - ha tagliato corto - Siamo regolamentati, abbiamo solidi coefficienti patrimoniali e un bilancio molto solido. Parliamo di questo piuttosto».
Le debolezze delle rendicontazioni finanziarie
Le «debolezze sostanziali» di cui Credit Suisse ha parlato nelle recenti rendicontazioni finanziarie non possono però passare inosservate. Nella relazione annuale, l’istituto di credito ha ammesso delle fragilità che, piano piano ma neanche più di tanto, stanno minando la sua solidità. In particolare, ha rivelato come alla fine dello scorso anno abbia dovuto assistere impotente a «prelievi significativamente più elevati di depositi in contanti, mancato rinnovo di depositi vincolati in scadenza e deflussi netti di attività a livelli che superavano sostanzialmente i tassi sostenuti nel terzo trimestre del 2022».
Prelievi per oltre 110 miliardi di franchi
Il riferimento è, in particolare, a prelievi da parte dei clienti per oltre 110 miliardi di franchi nel quarto trimestre, che si sono andati ad aggiungere a una serie di scandali senza fine. Questa mattina l’ultimo atto di un percorso in declino che attende di trovare la via della risalita: ma c’è chi già vocifera che, invece, il fallimento sia vicino.
Dal petrolio all’euro-dollaro: crisi globale?
Con il crollo in Borsa di Credit Suisse, si infittiscono i timori di una crisi finanziaria globale. In sofferenza il petrolio, con il Wti che è andato sotto i 70 dollari al barile. In difficoltà anche le valute europee. L’euro, in particolare, è sceso a un minimo di 1,0584 e lo spread è salito oltre 190 punti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter