Per non perdere la fiducia dei mercati, l’Italia dovrà riuscire a trovare un equilibrio tra il consolidamento necessario e l’austerità che danneggia la crescita.
L’economia svizzera resiste bene alla difficile situazione globale.
Gli economisti di Credit Suisse mantengono invariata la stima di crescita economica del 2,5% per l’anno in corso.
Ma c’è di più: nonostante la svolta sui tassi d’interesse, a detta degli esperti il rischio di una crisi del debito internazionale a breve termine sembrerebbe scongiurato.
Rimane però scettica la posizione sulla sostenibilità dei debiti in alcuni Paesi come l’Italia: una situazione destinata a peggiorare già a partire dalla metà di questo decennio. Al punto che non si esclude il rischio di una crisi del debito.
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Scenario generale positivo
Sul fronte economico, in Svizzera le buone notizie non mancano.
La dinamica positiva successiva alla revoca delle misure anti COVID-19 ha influenzato positivamente la ripresa economica. Permane una buona propensione agli acquisti da parte dei consumatori grazie all’elevata sicurezza individuale dei posti di lavoro e nonostante la preoccupante situazione in Ucraina.
Infine, l’inflazione in aumento non ha portato a una diminuzione del potere d’acquisto in Svizzera.
In virtù della crescita dell’occupazione e dello spostamento verso posti di lavoro con stipendi migliori, la somma dei salari pagati nel primo trimestre 2022 è cresciuta del 3,9% - un livello più alto dell’inflazione (2,1%). Il tasso d’inflazione si attesterà oltre il 2,0% entro la fine di quest’anno (media annua per il 2022: 2,3%). Grazie alla situazione vantaggiosa del mercato del lavoro, con una crescita dell’occupazione dell’1,7% e degli stipendi dello 0,8%, la perdita di potere d’acquisto dell’economia generale continuerà a essere moderata.
Carenza di materie prime
La situazione sul fronte degli approvvigionamenti rimane tesa
La tendenza ad acquistare di più a livello locale incentiva l’aumento di investimenti in beni strumentali. Secondo il sondaggio mensile tra i direttori agli acquisti, condotto da Credit Suisse e procure.ch, un imprenditore su cinque sta aumentando il proprio piano degli investimenti a causa dei problemi della catena di approvvigionamento, che continueranno, insieme alle difficoltà nella logistica: l’80% dei partecipanti al sondaggio si aspetta un ritorno alla normalità solo con il prossimo anno o anche più tardi. Fino ad allora, i valori industriali freneranno: il 62% degli imprenditori teme perdite nella produzione nei prossimi sei mesi a causa della mancanza di input intermedi o materie prime.
Europa: la situazione del debito pubblico
La svolta dei tassi d’interesse influenza lentamente il rifinanziamento
Il tema principale del nuovo numero dello studio Monitor Svizzera è il significato della svolta dei tassi d’interesse per le finanze statali svizzere e i suoi partner commerciali. Dopo la recessione causata dalla pandemia e i programmi plurimiliardari di sostegno, i debiti pubblici sono cresciuti a livelli record. Tuttavia, la situazione debitoria da sola non provoca una crisi del debito. Perciò, gli economisti di Credit Suisse analizzano una serie di indicatori per la sostenibilità del debito. A breve termine si può parlare di un cessato allarme per la maggior parte dei Paesi: le durate residue elevate fanno sì che i costi di rifinanziamento aumentino lentamente anche in situazioni di crescita significativa dei tassi guida. Per il momento, i debiti pubblici non intralciano le attività delle banche centrali nell’irrigidimento della politica monetaria. Inoltre, grazie alla migliorata struttura dell’euro, l’Europa è diventata più resistente, riducendo così il rischio di una crisi di credibilità.
Analisi sul medio-lungo periodo
Verso la metà di questo decennio, però, le previsioni per i Paesi si faranno sempre più eterogenee. Mentre non vi sono dubbi circa la sostenibilità di Svizzera e Germania, si delinea altrove una svolta nella tendenza del differenziale di crescita dei tassi d’interesse, che rappresenta una sfida per la stabilizzazione del tasso d’indebitamento. Negli Stati Uniti ciò dovrebbe accadere a partire dal 2027, in Spagna e Francia dal 2028.
L’Italia si distingue per la combinazione problematica di una posizione fiscale fondamentalmente negativa e premi per il rischio volatili. Al più tardi da metà 2025, per non perdere la fiducia dei mercati, il Paese del tricolore dovrà riuscire a trovare un equilibrio tra il consolidamento necessario e l’austerità che danneggia la crescita.
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