Per scongiurare lo stop da parte del settore industriale, diversi governi europei si sono dati da fare per acquistare ingenti quantitativi di carbone, rallentando, di fatto, la conversione all’energia verde.
La maggior parte dei giacimenti di carbone, ovvero il 95% su scala mondiale, si trova nell’emisfero settentrionale del pianeta e quasi il 60% di questo è prodotto da Cina, Stati Uniti e Russia. Alcuni giacimenti si trovano anche in Europa, esattamente in Gran Bretagna, Francia settentrionale, Belgio, Olanda e Germania. Il suo uso, con le politiche “Net Zero”, nel tempo era stato ridotto, poiché destinato a diminuire drasticamente, per prediligere sempre più l’impiego di energie pulite.
Con la crisi energetica alle porte, tuttavia, sta tornando in voga in diverse nazioni. E se da un lato i governi tentano di accelerare la transizione energetica, dall’altra scelgono di ricorrere a tutti i mezzi possibili per evitare di mandare al collasso il settore industriale, riattivando, dunque, le vecchie centrali a carbone, ed evitare così il collasso.
Aumenta la domanda, aumentano i prezzi
Negli ultimi mesi, al porto australiano di Newcastle, il prezzo spot del carbone è aumentato, raggiungendo lunedì il suo massimo storico a $450,25 la tonnellata, ovvero più del triplo del prezzo rispetto a un anno fa. In prima fila, tra i maggiori acquirenti, le nazioni europee, con i porti commerciali europei congestionati da navi cariche di carbone, costrette ad attendere fino a 10 giorni, al largo dei principali snodi commerciali: Anversa, Rotterdam e Amsterdam. A luglio sono ne state contate fino a 100, a causa della siccità che ha colpito il Reno.
Intanto, sul mercato europeo, il prezzo del carbone aveva raggiunto il suo picco agli inizi di marzo quando, all’indomani dello scoppio della guerra, era balzato da 164 euro la tonnellata a 462,68 euro l’8 marzo. Mentre questa mattina viene scambiato a 383,59 euro la tonnellata.
leggi anche
INCHIESTA Come incide il taglio del gas nell’Eurozona sulla Svizzera? L’analisi di Gazenergie e AES
La Norvegia prolunga la vita dell’ultima miniera
Con questa situazione in atto, la Norvegia ha deciso di riportare in vita l’ultima miniera di carbone. Si trova in una delle isole Svalbard e la produzione di carbone bituminoso andrà avanti per altri due anni, alimentando così l’industria siderurgica fino a luglio 2025. La sua chiusura era stata programmata nel 2023, ma a fronte della situazione geo politica in corso, il governo ha deciso di prolungarne l’attività, al momento preziosa, poiché fornisce circa 80 mila tonnellate di carbone alle aziende metallurgiche e chimiche di tutto il continente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter