Per l’Agenzia internazionale per l’energia è indispensabile che l’Europa adotti immediatamente azioni coordinate. Per il Fondo monetario internazionale si rischiano perdite complessive fino al 6% del Pil.
«Servono delle azioni coordinate e immediate» per prevenire una grave crisi del gas in Europa. Lo ha ribadito ancora una volta il Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) che tramite una nota pubblicata sul sito dell’Aie ha sottolineato la gravità della situazione. A fargli eco sono le dichiarazioni che arrivano da New York, dove i rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno sostenuto con forza che le interruzioni delle forniture di gas rappresentano un “significativo rischio economico per l’Europa”. Dalla metropoli americana fanno presente che un taglio totale prolungato comporterebbe perdite in termini di prodotto interno lordo (Pil) fino al 6%. Tra i Paesi che più ne sarebbero colpiti anche la vicina Italia, mentre su Austria e Germania gli effetti dovrebbero essere meno severi, seppur significativi.
La posizione dell’Aie
«Il mondo sta vivendo la prima vera crisi energetica globale della storia». Esordisce così Birol nel comunicato diffuso nella giornata di ieri, in cui mette nero su bianco la realtà nuda e cruda verso cui l’Europa sta procedendo a passo spedito. Dal canto suo, Birol, sottolinea che già cinque mesi prima dell’invasione russa dell’Ucraina, nel settembre 2021, l’AIE aveva avvertito circa la riduzione significativa di fornitura di gas da parte della Russia verso l’Europa. A questo allarme ne è poi seguito un altro: era gennaio di quest’anno, la guerra sarebbe iniziata da lì a poco, il 24 febbraio. «La contrazione artificiale – si legge – ha fatto salire i prezzi esattamente nello stesso momento in cui crescevano le tensioni sull’Ucraina». E nessuno in Europa o altrove da quel momento in avanti poteva farsi illusioni sui rischi legati alle forniture energetiche russe.
Soprattutto in questi giorni, all’alba del 21 giugno. Giorno in cui si vedrà o meno se la Russia riattiverà Nord Stream 1, dal quale le forniture sono interrotte per “manutenzione programmata”. Non è chiaro se i flussi riprenderanno, e «in caso affermativo, a quale livello».
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Scenario numero uno: fornitura sospesa
Nella peggiore delle ipotesi la Russia infatti deciderà di sospenderle, rinunciando di conseguenza alle entrate derivanti dall’esportazione di gas in Europa per ottenere consenso politico. Birol però ci tiene a sottolineare che dall’inizio dell’invasione «l’importo delle entrate che la Russia ha raccolto dall’esportazione di petrolio e gas in Europa è raddoppiato rispetto alla media degli ultimi anni, a 95 miliardi di dollari». Insomma, negli ultimi cinque mesi i ricavi delle esportazioni dei combustibili gas e petrolio ammontano a quasi tre volte al gas solitamente esportato verso l’Europa nel corso dell’inverno.
Cosa dovrebbe fare allora l’Europa?
Lo scorso marzo, l’Aie indicava la necessità di massimizzare le forniture di gas utilizzando altre fonti, accelerando l’impiego di energia solare ed eolica, sfruttando fonti energetiche a basse emissioni. «Il messaggio è chiaro: con un’azione tempestiva e prolungata, sarebbe possibile ridurre di un terzo la dipendenza dell’Ue dalle importazioni di gas russe entro un anno, e farlo in modo ordinato, coerente con le ambizioni climatiche dell’Unione europea».
Scenario numero due: rubinetti riaperti ma solo in ottobre
Qualora invece i flussi dovessero tornare ma dopo il 21 luglio, al più tardi agli inizi di ottobre con la stagione invernale alle porte, le forniture di gas russe verso l’Europa sono completamente tagliate fuori. Sarebbe necessario «riempire gli impianti di stoccaggio oltre il 90% delle loro capacità per superare il prossimo inverno». Ma è ancora possibile raggiungere questo livello di scorte? Secondo il direttore esecutivo dell’Aie sì, a patto che l’Europa agisca rapidamente.
Per Birol il primo passo da compiere per riempire gli impianti di stoccaggio di gas prima dell’inverno è ridurre l’attuale consumo di gas, permettendone lo stoccaggio di quello risparmiato. La quantità che dovrebbe essere risparmiata corrisponde nei prossimi tre mesi a 12 miliardi di metri cubi.
Forniture non russe, non sufficienti
Inoltre, sottolinea che non è sufficiente affidarsi alle forniture non russe poiché i volumi forniti non raggiungono quelli necessari «per sostituire le consegne mancanti dalla Russia». Una situazione che non cambierà nemmeno qualora «le forniture di gas dalla Norvegia e dall’Azerbaigian fluiranno alla massima capacità, se le consegne dal Nord Africa si manterranno vicine ai livelli dell’anno scorso».
Cinque soluzioni per la crisi energetica
In questo contesto, Birol avanza cinque soluzioni che il Vecchio Continente potrebbe seguire. I suggerimenti indicano l’introduzione di piattaforma d’asta per incentivare gli utenti di gas industriale dell’Ue a ridurre la domanda; ridurre al minimo il consumo di gas nel settore energetico, facendo un passo indietro e incrementando l’uso di carbone e petrolio, oltre ad accelerare il dispiegamento di fonti a basse energia nucleare, dove politicamente accettabile e tecnicamente fattibile. Per l’Aie è importante poi rafforzare il coordinamento tra gli operatori del gas e dell’elettricità in tutta l’Europa, anche sui meccanismi di riduzione dei picchi, ridurre la domanda di elettricità da parte delle famiglie facendo mettere mano a termostato e condizionatori. Infine, armonizzare la pianificazione delle emergenze in tutta l’Ue a livello nazionale ed europeo. Misure urgenti, a cui l’Europa deve ricorrere nel più breve tempo possibile, poiché la posta in gioco coincide con una posizione estremamente vulnerabile in cui si ritroverà verosimilmente in pieno inverno. «Questo inverno potrebbe diventare una prova storica della solidarietà europea e che non può permettersi di fallire. L’Europa – conclude Birol – potrebbe essere chiamata a mostrare la vera forza della sua unione».
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