Le sfide che il gruppo si appresta ad affrontare dopo l’acquisizione della banca concorrente hanno portato alla decisione di un cambio al vertice: con l’esperienza acquisita e i successi già ottenuti, Ermotti è l’uomo giusto per raccoglierle.
Un ritorno, in un certo qual modo annunciato, per Sergio Ermotti ai vertici di Ubs, che già a chiusura dell’assemblea generale della banca, prevista per mercoledì, riprenderà in mano le redini lasciate solo tre anni fa. L’acquisto di Credit Suisse, salvata dieci giorni fa con un’operazione costata "solo" 3 miliardi di franchi, ha infatti riportato Ermotti a rivestire la carica di ceo, sua già dal novembre 2011 all’ottobre 2020. Due anni e mezzo dopo o poco più, rieccolo in primissima linea, con il compito di risanare i guai della rivale storica adesso diventata sua.
Le dimissioni di Hamers e l’addio a Swiss Re
Dinnanzi alle sfide rilevanti che Ubs si appresta dunque ad affrontare, l’attuale ceo Ralph Hamers ha accettato di dimettersi, mentre Ermotti lascerà l’incarico di presidente della compagnia assicurativa Swiss Re nel giro di qualche settimana, dopo la rielezione già prevista per il 12 aprile e un periodo di transizione per agevolare il passaggio di consegne. Allo stesso modo, Hamers resterà a disposizione in Ubs per «garantire una chiusura riuscita della transazione e un passaggio di consegne senza intoppi», ha precisato il gruppo.
I meriti di Ermotti secondo Ubs
Si apre così la nuova era di Ubs ingigantita di Credit Suisse, manovra che ha salvato l’economia e il sistema bancario mondiale: con una leadership nuova, ma in realtà vecchia e ben collaudata, ideale per destreggiarsi fra le «sfide e priorità che Ubs deve affrontare dopo l’annuncio dell’acquisizione». Dalla sua, la capacità dimostrata durante il precedente mandato di «riposizionare con successo» la banca dopo la crisi finanziaria globale del 2008 e generare «un profondo cambiamento culturale al suo interno», in grado di «riconquistare la fiducia dei clienti e di altre parti interessate, ripristinando al tempo stesso l’orgoglio delle persone di lavorare per Ubs». Successi già archiviati, ma che non hanno lasciato alcun dubbio al cda quando si è trattato di decidere a chi affidare quella che, fin dall’inizio, ha avuto l’aspetto di una grossa scommessa, carica anche di rischi.
Il ringraziamento del presidente Kelleher
Eppure, regna l’ottimismo sulle possibilità di riuscita nell’impresa, com’è giusto che sia. Lo stesso Hamers ha dichiarato che Ubs «non ha acquistato Credit Suisse per chiudere». Per lui, parole di elogio sono state spese dal presidente Colm Kelleher, secondo cui Hamers ha lavorato in modo «eccezionale» raggiungendo «un successo senza precedenti nonostante un ambiente difficile». Ma le luci della ribalta, adesso, se le guadagna il prossimo e imminente ceo, chiamato per nome di battesimo per dire che «con la sua esperienza unica, sono molto fiducioso che Sergio fornirà l’integrazione di successo che è così essenziale sia per i clienti, i dipendenti e gli investitori delle banche, sia per la Svizzera».
Una banca meglio di due: o no?
Soltanto qualche mese fa, in un’intervista al quotidiano NZZ am Sonntag, Ermotti aveva in un certo senso dichiarato l’inopportunità di avere due banche così imponenti. Secondo Peter Garny, responsabile della strategia azionaria di Saxo Bank, ciò che sta accadento potrebbe però non essere un bene: «Tutto ciò che abbiamo visto, credo, dal momento che la crisi finanziaria globale con la regolamentazione ci sta portando su un percorso, di banche sempre più grandi, sempre più concentrazione, che porta alla fragilità ma anche a una minore concorrenza e non sono sicuro che sia a lungo termine andrà bene per l’intero sistema finanziario».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter