Per la prima volta nel processo di fusione nucleare, negli Stati Uniti è stato prodotto più energia di quanta ne è stata spesa per innescare la reazione.
Martedì il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) dovrebbe annunciare il raggiungimento di una pietra miliare a lungo attesa nello sviluppo della fusione nucleare come fonte di energia: per la prima volta è stata prodotta più energia rispetto a quella consumata
La notizia, riportata dal Financial Times e confermata dal Washington Post, potrebbe galvanizzare la comunità scientifica, che ha a lungo identificato questo sistema come possibile strumento di energia pulita. Ma quanto è importante questo "guadagno netto di energia" e cosa significa per lo sviluppo della fusione nucleare in futuro?
Cos’è la fusione nucleare?
Le attuali centrali nucleari funzionano attraverso il processo di fissione nucleare, ossia la scissione di atomi pesanti per creare energia. Nella fissione, un neutrone si scontra con un atomo di uranio pesante, dividendolo in atomi più leggeri e rilasciando allo stesso tempo molto calore, e quindi energia.
La fusione, invece, funziona in modo opposto: consiste nell’unione di due atomi (spesso due atomi di idrogeno) per creare un nuovo elemento (solitamente elio), nello stesso modo in cui le stelle creano energia. In questo processo, i due atomi di idrogeno perdono una piccola quantità di massa, che viene convertita in energia secondo la famosa equazione di Einstein, E=mc². Poiché la velocità della luce è molto, molto elevata (300mila km al secondo), anche una piccola quantità di massa persa può tradursi in un’enorme quantità di energia.
Che cos’è il "guadagno netto di energia"
Finora i ricercatori sono stati in grado di fondere insieme due atomi di idrogeno con successo, ma per realizzare la reazione è sempre stata necessaria più energia di quella che si ottiene in cambio. Il guadagno netto di energia, ovvero l’ottenimento di più energia rispetto a quella generata per creare la reazione, rappresenta una pietra miliare nella ricerca sulla fusione.
Ora i ricercatori della National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Laboratory, in California, dovrebbero annunciare di aver ottenuto un guadagno netto di energia grazie all’uso di laser sparati sugli atomi di idrogeno. Con ben 192 raggi laser si riuscirebbe a comprimere gli atomi di idrogeno fino a circa 100 volte la densità del piombo, riscaldandoli a circa 100 milioni di gradi Celsius. Questa alta densità e temperatura provocano la fusione degli atomi in elio.
L’energia di fusione può essere sfruttata?
Questa grande scoperta non significa però che questa fonte di energia sia pronta per entrare nelle nostre case. Gli scienziati si riferiscono all’attuale scoperta come a un "guadagno scientifico di energia netta”, che tuttavia è stato ottenuto solo a livello microscopico. Secondo Troy Carter, fisico dell’Università della California di Los Angeles, i laser utilizzati dal laboratorio di Livermore hanno un’efficienza di circa l’1%. Ciò significa che per far funzionare i laser è necessaria un’energia 100 volte superiore a quella che essi sono in grado di fornire agli atomi di idrogeno.
I ricercatori dovranno quindi raggiungere anche un "guadagno energetico netto ingegneristico", ovvero il punto in cui l’intero processo richiede meno energia di quella prodotta dalla reazione. Inoltre, sarà necessario capire come trasformare l’energia prodotta, attualmente sotto forma di energia cinetica del nucleo di elio e del neutrone, in una forma utilizzabile per l’elettricità. Si potrebbe riuscire convertendo l’energia in calore e riscaldando il vapore per far girare una turbina e far funzionare un generatore, un processo che però attualmente ha dei limiti di efficienza.
Tutto ciò significa che il guadagno di energia dovrà probabilmente essere molto più elevato poiché la fusione possa essere effettivamente redditizia dal punto di vista commerciale.
Al momento, inoltre, i ricercatori possono effettuare la reazione di fusione solo una volta al giorno. Tra una reazione e l’altra, devono lasciare che i laser si raffreddino e sostituire il bersaglio di combustibile per la fusione. Un impianto commercialmente valido dovrebbe essere in grado di farlo diverse volte al secondo, afferma al Washington Post Dennis Whyte, direttore del Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT): «Una volta ottenuta la fattibilità scientifica, bisogna capire la fattibilità ingegneristica» ha dichiarato.
I vantaggi della fusione
Le potenzialità della fusione sono enormi. La tecnologia è decisamente più sicura della fissione nucleare, poiché la fusione non può creare reazioni di fuga. Inoltre non produce sottoprodotti radioattivi che devono essere immagazzinati, né emissioni nocive di carbonio, bensì semplicemente elio inerte e neutroni. Inoltre è improbabile che si esaurisca il combustibile necessario, dato che quello necessario per la fusione è costituito da atomi di idrogeno pesante, che si trovano in abbondanza nell’acqua di mare.
Quando la fusione potrà alimentare le nostre case?
Per decenni gli scienziati hanno ipotizzato sul fatto che la fusione è sempre lontana 30 o 40 anni. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno costantemente posticipato l’entrata in uso delle centrali a fusione, sin dalle prime previsioni che parlavano degli anni ’90.
Gli attuali esperti in materia ritengono che non si tratti di una questione di tempo, ma di volontà: se i governi e i donatori privati finanziassero la fusione in modo cospicuo, potrebbero rendere disponibile un prototipo di centrale a fusione all’incirca nel 2030. «La tempistica non è una questione di tempo», ha detto Carter, «È una questione di innovazione e di impegno».
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