Animali più tutelati e taglio sulle emissioni gas serra, ma ci sono anche degli effetti negativi in caso di normative più severe?
Manca poco più di un mese alla votazione popolare del 25 settembre. Gli svizzeri, a questo giro, sono chiamati a esprimere la propria opinione su tre temi: allevamenti intensivi, imposta preventiva e riforma dell’Avs.
La prima tematica da affrontare riguarderà l’iniziativa popolare «No all’allevamento intensivo in Svizzera (Iniziativa sull’allevamento intensivo», per cui si vuole vietare questo tipo di allevamento su suolo svizzero, poiché, secondo il comitato referendario, lede il benessere degli animali da reddito. L’iniziativa, infatti, punta a tutelare la dignità di bovini, polli e suini.
Sul fronte del "Sì"
Votando per l’eliminazione degli allevamenti intensivi in Svizzera, la Confederazione sarebbe chiamata a stabilire dei requisiti minimi più severi per ricovero e cura degli animali: acceso a spazi esterni, macellazione, dimensioni massime del gruppo per stalla.
La proposta del comitato referendario nasce dal fatto che nel 2021 sono stati ingrassati e macellati più di 80 milioni di animali, mentre di pari passo è diminuito il numero di aziende agricole, arrivando a contarne 55 mila. Stando ai numeri, dunque, il numero di animali detenuto per azienda agricola, è aumentato.
Il comitato referendario sostiene, inoltre, che negli allevamenti intensivi, quasi tutte le esigenze degli animali sono trascurate, con capi bestiame stipati in spazi angusti e stretti, poiché considerati semplici prodotti. C’è poi la questione della crescente resistenza agli antibiotici, indotta dall’industria zootecnica; l’aumento di rischi di pandemie (aviaria, suina) e i correlati rischi sanitari che comporta la carne prodotta a basso costo. Infine, riducendo gli animali per azienda agricola, si andrebbe a tagliare le emissioni di gas serra di cui l’allevamento è responsabile per l’85%.
In poche parole, per il comitato referendario, tutti gli allevamenti dovrebbero almeno rispettare le direttive BioSuisse 2018.
Sul fronte del "No"
Secondo il Consiglio federale, così come per il comitato referendario «No all’iniziativa sull’allevamento intensivo», la proposta è da bocciare. Le normative in questione, una volta entrate in vigore, non riguarderebbero solo gli animali allevati in Svizzera, ma sarebbero estese a tutto il segmento di import: animali, prodotti animali e alimenti contenenti ingredienti di origine animale, come per esempio la pasta all’uovo.
Per l’Esecutivo, dunque, sarebbero lesi gli accordi commerciali con importanti partner, comportando maggiori costi d’intervento e d’esercizio, con controlli onerosi nelle aziende estere. L’aumento dei prezzi andrebbe ancora una volta a incidere sui ceti più bassi. Inoltre, la Confederazione promuove, come sancito nella Costituzione, forme di produzione agricola particolarmente in sintonia con la natura e rispettose dell’ambiente e degli animali. Sempre più animali da reddito vivono in stalle che rispondono alle loro esigenze e hanno regolarmente accesso a spazi esterni.
Quesito del 25 settembre allevamento intensivo
Sulla scheda, il quesito in questione sarà il seguente:
"Volete accettare l’iniziativa popolare «No all’allevamento intensivo in Svizzera (Iniziativa sull’allevamento intensivo)»?"
Si dovrà scegliere tra “sì” e “no”.
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Per il Consiglio federale, si vota No
Il Consiglio federale e il Parlamento respingono l’iniziativa. Gli animali da reddito sono già tutelati molto bene. Sempre più animali sono detenuti in modo particolarmente rispettoso. Il divieto d’importazione per prodotti che non rispettano gli standard bio di allevamento sarebbe estremamente oneroso da far rispettare. Il prezzo di molte derrate alimentari aumenterebbe.
Per il comitato referendario, si vota Sì
La legge sulla protezione degli animali è spesso definita esemplare. Il comitato ritiene tuttavia che la realtà nell’agricoltura sia ben diversa. L’iniziativa chiede quindi ricovero e cura rispettosi degli animali, l’accesso regolare a spazi esterni, gruppi più piccoli e una macellazione rispettosa.
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