L’INTERVISTA Dalle Torri gemelle a Chat-GPT. Alessandro Nardone: «L’AI? L’Occidente è di nuovo sotto attacco»

Sara Bracchetti

29 Giugno 2023 - 10:30

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Nel suo ultimo libro Nardone, esperto di marketing e comunicazione digitale, affronta il tema di una informazione controllata e condizionata dagli algoritmi. «L’uomo non è più individuo, ma somma di dati. Ecco quali rischi corriamo».

L'INTERVISTA Dalle Torri gemelle a Chat-GPT. Alessandro Nardone: «L'AI? L'Occidente è di nuovo sotto attacco»

Alessandro Nardone non è persona che si nasconda: neanche quando dovesse servire a evitare posizioni a rischio di scomodità. Potrebbe tranquillamente glissare sulla sua appartenenza politica, per esempio, corollaria a un libro che parla dei modi della comunicazione digitale: invece la palesa fin dall’esordio, in un’introduzione che pian piano diventa una dichiarazione di fedeltà a principi coltivati fin da quando «avrò avuto sì e no dieci anni». Una grande fiamma tricolore sopra un manifesto per la strada, il padre socialista che lo tiene per mano e gli accenna appena al Movimento sociale italiano, la tessera del Fronte della Gioventù, l’incontro con Giorgia, oggi presidente Meloni, in Alleanza Nazionale. Il resto è storia scritta negli anni ormai trascorsi, di quest’uomo appassionato di politica ed esperto di marketing, che dorme quattro ore per notte perché «amo scrivere» e si è appena lasciato alle spalle il decimo libro, "Tu sei il messaggio". Eppure, la politica qui non c’entra. Se non casomai di striscio.

Una sfida al pensiero unico

Quantomeno curioso, dato che vi allude fin dalla primissima di queste 180 pagine dedicate al «pensiero conservatore nell’era degli algoritmi». Nella numero due, però, ecco che entra l’informatica, «la passione che insieme alla politica ha indelebilmente segnato la mia esistenza». Voilà. Si delinea il senso di un volume che «ho cominciato a scrivere con uno scopo ben preciso: offrire il mio microscopico contributo alla difesa dei valori della civiltà occidentale dall’attacco del pensiero unico, che intende distruggerli in ragione degli interessi dell’estabilishment globalista». Qualcosa contro cui, riflette, «Giorgia Meloni - sempre lei, che si guadagnerà poi un capitolo intero, numero 18 - ci metteva in guardia già nel 2002».

Primo dovere: divulgare

Quarantasette anni fatti a maggio, consulente di marketing strategico, inviato di Vanity Fair al seguito di Donald Trump, poi a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky e, nel 2016, candidato fake alle primarie repubblicane negli Stati Uniti. Nel 2023, però, è tempo di riflettere: su dove sta andando la comunicazione, dove dovrebbe invece andare e come intervenire. «Anzitutto, con un’opera di divulgazione, affinché la gente capisca davvero di che cosa si parla. Per questo è nato "Tu sei il messaggio"».

Tutto è cominciato l’11 settembre

Un testo organizzato sottoforma di glossario, che parte da un numero, "11 settembre", per passare poi alla A, un paio di B, ben cinque C fra Cancel Culture, Censura, Centrodestra, Cina e Comunicazione, per finire con "Verità" e "Zelensky". Perché proprio l’11 settebre? «Undici settembre perché è stato un punto di svolta per la nostra epoca. Non è un caso se tutti, fra quelli che c’erano nel 2001, si ricordano bene che cosa stessero facendo in quel momento. Il crollo delle Torri gemelle ha cambiato il mondo, anche dal punto di vista comunicativo. E pensiamo a cosa sarebbe successo se gli smartphone e la possibilità di fare dirette con i telefonini fossero stati quelche sono oggi».

Democrazia digitale. Ma siamo sicuri?

Un tempo in cui si parla in modo diverso e talvolta ancora oscuro di democrazia digitale, "sovranità digitale", "bipolarismo", "metaverso" e, ovviamente, "intelligenza artificiale". Sicuri che si sappia davvero che cosa sta dietro, a tali parole che tutti sono convinti di conoscere? Certo che no, dal momento che «sono temi che necessitano di approfondimento, anche da parte del governo, per affrontare le conseguenze che potrebbero avere sulla società moderna. Io provo a renderli più chiari, anche attraverso diversi riferimenti a studi autorevoli». Target «eterogeneo. Mi piace pensare che sarà letto dalle nuove generazioni, ma anche da chi queste definizioni le ha viste comparire un giorno per poi perderle di vista, mentre crescevano. Non ho la presunzione di credere che sia un libro per tutti. E nemmeno voglio spacciarlo come verità assoluta, Ѐ la mia visione, il mio punto di vista, finalizzato a difendere i valori occidentali attraverso l’acquisizione di una consapevolezza che ancora manca, nella sua forma completa».

Liberi di informarci: ma forse no

Dove si vuole arrivare, con questo volume dalla copertina blu e una striscia tricolore, ennesimo rimando a un pensiero che di nuovo è individuale? «La sovranità digitale è il macrotema, dentro cui sta tutto: il web, l’intelligenza artificiale, gli algoritmi, che interferiscono con la comunicazione». Se non da preoccuparsi, c’è quantomeno da riflettere, dinnanzi all’equivoco di una libertà dell’informazione che invece, è convinto Nardone, è sotto controllo delle macchine. «Una ricerca di Agcom ha reso noto come le notizie di cui oggi si fruisca per la maggior parte siano derivate dagli algoritmi, che le selezionano per noi e ce le propongono secondo i nostri interessi, sulla base delle profilazioni online. Google e Facebook, in questo, hanno un duopolio: il condizionamento è inevitabile. Non si va più alla fonte: si legge quello che ci viene offerto, secondo il nostro gusto presunto. E, in questo senso, gli algoritmi sono usati anche per sfavorire un approccio conservatore, in favore del mainstream».

Tecnologia da normare, non vietare

Un utente sempre più «passivo, quanto a capacità di discernere». Ed è a questo punto del discorso che entra in gioco l’intelligenza artificiale e ChatGpt. «A me piace definirlo un motore di pensiero, istruito però affinché su certi argomenti dia certe risposte». Qui sta il motivo per cui Alessandro Nardone ha preso in mano la penna, divenuta tastiera nell’era digitale: non per limitare la tecnologia animati da un senso di paura - «la sola illusione di poterlo fare sarebbe folle», dice - ma per provare a intervenire per tempo su quella che lui rappresenta come una sorta di distruzione dell’io. «Pensiamo, per esempio, a che cosa succederebbe se ChatGpt scrivesse per noi le leggi. O, ancora peggio, se fosse istruito per prendere decisioni utili a governare una nazione. Oggi l’io non è più rappresentato dalla persona, ma dall’insieme dei dati che la rappresentano e che le macchine, istruite dagli umani, utilizzano per prendere decisioni sul nostro conto».

I doveri di politica e istituzioni

Già, i dati, in possesso di una minoranza sparuta e accentratrice, favorita da una sorta di vuoto legislativo che si stenta a colmare: vuoi per la mancanza di conoscenza sufficiente, vuoi per l’imponenza di un tema che muta in maniera troppo rapida. «Da un paio di anni l’Unione Europea si è impegnata per affrontare la questione e ha firmato un paper sulla Sovranità digitale. Bisogna capire che non è possibile fare la guerra alle Bigtech: sarebbe una battaglia persa in partenza. Però si può dotarsi delle giuste infrastrutture». Un compito a cui è chiamata anzitutto la politica. E qui, per Nardone, è come un ritorno alle origini, ma stavolta con il potere in mano. Il cerchio si chiude.

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