Secondo alcuni scienziati americani, la probabilità è al 40%.
La possibilità che si verifichino ancora nuove pandemie è davvero elevata. Secondo alcuni scienziati americani, tuttavia, potrebbe ripetersene una entro il 2025.
Con un rapporto preparato in vista della dichiarazione di fine-pandemia, gli studiosi avrebbero messo in guardia la Casa Bianca dal rischio di una nuova ondata di coronavirus, responsabile della pandemia di Covid-19. La notizia è stata diffusa dal Washington Post e poi ripresa da diversi media internazionali. Nelle conclusioni dello studio, gli esperti hanno messo nero su bianco che con un rischio del 20-40% entro due anni potremmo essere protagonisti di una nuova epidemia.
La Casa Bianca dal canto suo, interpellata dal quotidiano Usa, non ha confermato la ricezione del rapporto: «L’amministrazione ha conversazioni con un vasto gruppo di di esperti, su vari temi, sia all’ interno che all’esterno del governo», ha dichiarato un portavoce via mail.
Ritorno della pandemia al 40%
I virus, come abbiamo imparato bene in questi anni, mutano nel tempo. Biologicamente evolvono verso una convivenza tra organismi, ma gli scenziati sembrano essere preoccupati soprattutto nel caso in cui dovesse comparire una nuova variante del virus diverso da Omicron. Lo ha rilevato il biologo Trevor Bedford, del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, autore di un’analisi statistica consegnata alla White House. «Le probabilità che ciò accada, ossia che ci si trovi a fronteggiare un’ ondata di infezioni come quelle causate dalla variante Omicron da oggi al 2025 - ha detto lo scienziato al Washington Post - sono circa il 40%». «Non vedo perchè un evento simile abbia meno probabilità di verificarsi oggi che nei primi due anni della pandemia e anche se oggi la pandemia appare finita, un Covid endemico resta una forte preoccupazione per la salute», ha aggiunto.
Nuove varianti nelle acque reflue
La teoria di Bedford è appoggiata anche da altri scienziati, quali Eric Topol, direttore dello Scripps Research Translational Institute. Loro hanno diffuso il rilevamento delle possibili varianti di “linguaggio criptico” ovvero non ancora identificate, ma non riconducibili a Omicron. Varianti che sono già state osservate nelle acque reflue degli Stati Uniti.
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