I prezzi della pasta in Italia sono in aumento del 38%. I grandi produttori hanno lanciato l’allarme e le motivazioni dei continui rincari sono molteplici: crisi energetica, aumento del prezzo del grano, crescita dei costi di produzione e dei materiali, oltre ai cambiamenti climatici.
Nei supermercati italiani, dall’estate in poi, centesimo dopo centesimo, il prezzo della pasta è aumentato costantemente e ora, l’alimento più amato e consumato dagli italiani e non solo, costa ben il 35% in più.
Il primo rincaro è avvenuto subito dopo l’estate, a fronte dell’aumento del costo del grano mondiale.
Infatti, un chilo di pasta che a settembre la grande distribuzione vendeva a 1,10 euro, ora ne costa 1,40. E il peggio non è ancora arrivato. Secondo le previsioni, entro la fine del mese, il prezzo balzerà a 1,52 euro, con un rincaro di ben il 38%.
Questo è un altro segno, evidentissimo, dell’inflazione che si sta espandendo in tutti i settori e che sta arrivando direttamente nel carrello della spesa delle famiglie, non solo in Italia, ma anche in Svizzera e in Germania, dove i prezzi al consumo hanno raggiunto numeri record mai visti negli ultimi 30 anni.
I motivi dell’aumento
La crisi energetica, con un forte sprint delle quotazioni sui mercati globali, che ha investito l’Europa da una parte e i danni causati dal caldo record e dal cambiamento climatico dall’altra, sono le due cause principali dell’aumento del prezzo della pasta. Questi due fattori hanno infatti provocato l’aumento vertiginoso del costo del grano.
In aggiunta, in Italia, i costi delle semine sono praticamente raddoppiati anche sull’onda della salita del 50% del prezzo del gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni. Ad aumentare sono anche i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare.
Il fenomeno non riguarda soltanto il vicino Paese, ma è un andamento globale. In particolare, i cambiamenti climatici hanno portato a perdite nei raccolti nei due dei maggiori Paesi esportatori, Canada e Russia, che l’anno scorso sono stati penalizzati soprattutto a causa della siccità. Anche negli Stati Uniti e in Francia il clima non è stato clemente e le alte temperature e gli incendi hanno dato un ulteriore colpo di grazia alle produzioni di grano nel mondo.
Aziende italiane preoccupate
Sono molti gli italiani che non rinunciano alla pasta di qualità, quella dei marchi più importanti, i primi ad aver lanciato l’allarme rincari.
In particolare, Vincenzo Divella - noto produttore italiano - ha lamentato l’aumento vertiginoso del costo del grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Inoltre, con l’arrivo dell’autunno ci si sono messi tutti gli altri rincari: il costo del cellophane è aumentato del 25%, il gas del 300%, l’elettricità anche.
Per tutti questi motivi da gennaio è previsto un ulteriore aumento del prezzo di vendita della pasta.
Ulteriori aumenti
Un aumento costante, seppure lento, è dunque destinato a continuare almeno fino alla fine della prossima stagione e peserà sulle tasche di tutte le famiglie italiane, ma anche di quelle che importano i prodotti "Made in Italy".
A preoccupare è l’interrogativo sul grano nazionale: basterà fino a giugno?
Con 3,8 milioni di tonnellate prodotte (-3% rispetto all’anno precedente) l’Italia è tra i più importanti produttori di grano duro al mondo. Anche se l’ultimo raccolto nel Paese è stato buono, molti marchi non sono autosufficienti e lo comprano in parte dall’estero, dove il raccolto è stato compromesso dagli incendi e dal caldo, e dove i prezzi della materia prima sono alti.
Inoltre, anche il grano italiano costerà di più, perché gli agricoltori, all’aumentare della domanda, aumenteranno il prezzo.
C’è da considerare anche il clima: tra nevicate, gelate, piogge eccessive non si può prevedere come andranno i raccolti l’anno prossimo.
La reazione dei consumatori
Anche le vendite sono diminuite. Gli ultimi dati Istat, l’Istituto nazionale di statistica italiano, relativi al mese di novembre evidenziano un chiaro calo delle vendite al dettaglio: meno 0,4% in valore e meno 0,6% in volume. Guardando in particolare ai beni alimentari, le vendite hanno segnato un meno 0,9% in valore e un meno 1,2% in volume.
E c’è da scommettere che se l’andamento dei prezzi dovesse mantenersi ancora al rialzo, i consumi continueranno a risentirne.
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