A spingerlo verso l’alto, i tagli alla produzione da parte dell’Opec+ e l’attacco ucraino al hub russo sul Mar Nero.
Dopo l’attacco a un importante hub di petrolio russo e i tagli alla produzione da parte del cartello Opec+, i prezzi del petrolio sono risaliti nel corso del fine settimana.
Tra venerdì e domenica è infatti stato raggiunto il picco di 86 dollari al barile per i future Brent consegna ottobre e di 82,82 per i future Wti consegna a settembre. Nelle prime ore della mattinata, tuttavia, i prezzi sembrano aver intrapreso la strada della discesa rispettivamente in ribasso dello 0,95% a $85,42 e dello 0,99% a $82,00. Prezzi che non si vedevano dallo scorso aprile.
Attacco ucraino al porto russo
A spingerlo verso l’alto, l’attacco sferrato dall’Ucraina con dei droni navali contro il porto russo di Novorossiyk, un hub tattico sul Mar Nero per le esportazioni del petrolio russo. Un evento che è andato a sommarsi al taglio volontario della produzione di greggio di giovedì scorso da parte dell’Arabia Saudita, pari a un milione di barili al giorno, esteso fino a settembre. La riduzione da parte del principale esportatore mondiale di petrolio, è già stata applicata in luglio e agosto.
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Anche la Russia rivede la sua produzione
Non è da meno la Russia, secondo esportatore di petrolio su scala mondiale. GIovedì ha deciso anche Mosca di mettere mano alle esportazioni di petrolio, riducendole di 300’000 milioni di barili al giorno, a settembre.
Il boom di domanda della Cina che non c’è stato
Josh Young, chief investment offer di Bison Interests, società di investimenti nel settore del petrolio e gas, ha detto alla Cnbc che alla volatilità di questo momento, seguiranno prezzi molto più alti nei prossimi cinque anni.
Ed Morse di Citi ha, invece, affermato che probabilmente entro ottobre i prezzi del petrolio raggiungeranno al massimo i $90 al barile, vero obiettivo dell’Opec+. Ha poi detto che la crescita della domanda «non è così spettacolare», nemmeno a fronte della ripartenza dell’economia cinese.
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