Il titolo di riferimento del gas naturale scende ai minimi da giugno. Secondo gli esperti però, questa misura potrebbe peggiorare la crisi energetica.
Dopo l’entrata in vigore del tetto al prezzo del gas in Europa, fissato a 180 euro/megawattora, la quotazione del gas naturale è scesa sotto i 100 euro. Tuttavia secondo alcuni esperti, la decisione dell’Europa di fissare un price cap potrebbe limitare le forniture alla regione, peggiorando così la crisi energetica.
Il tetto di 180 euro
Questa settimana le nazioni europee hanno raggiunto un accordo per fissare un tetto al prezzo del gas, ponendo fine a mesi di controversie politiche sull’opportunità di intervenire nel settore energetico. Il "price cap" si regolerà sull’indice di riferimento del Dutch Title Transfer Facility (TTF), fissato ad un massimo di 180 euro/megawattora. Il tetto sarà “dinamico”: affinché questo nuovo strumento venga attivato, i titoli di riferimento devono mantenersi al di sopra del tetto stabilito per tre giorni. Se il tetto fosse stato introdotto all’inizio di quest’anno, sarebbe stato utilizzato per circa 40 giorni tra agosto e settembre. La misura si applicherà a partire dal 15 febbraio.
Contemporaneamente, l’ufficializzazione della misura ha fatto scendere le quotazione del Dutch TTF sotto i 100 euro/megawattora, per quello che è il valore più basso dallo scorso giugno. Attualmente l’indice di riferimento del gas naturale recita 99,500 euro/megawattora.
Un’arma a doppio taglio
Ma se da un lato il meccanismo può aiutare a prevenire oscillazioni estreme dei prezzi, dall’altro può esporre la regione europea al rischio di forniture insufficienti e ad una maggiore concorrenza da parte dell’Asia.
Come riporta Bloomberg, in un rapporto pubblicato lunedì, gli analisti di Goldman Sachs Group Inc., hanno affermato che un tetto ai prezzi senza un limite associato alla domanda rischia di peggiorare il deficit di approvvigionamento di gas in Europa, incoraggiando i consumi. Ciò potrebbe restringere l’offerta globale già per l’anno prossimo e, nel peggiore dei casi, costringere i governi a razionare il gas.
Inoltre, il tetto massimo renderà più difficile per gli importatori della regione aumentare l’offerta per assicurarsi la fornitura di gas naturale liquefatto, che ad oggi rappresenta l’alternativa più valida al gas naturale russo, difficilmente reperibile. L’industria ha avvertito che i carichi di GNL potrebbero privilegiare l’Asia se i prezzi sono più alti dei massimali in Europa, proprio quando la domanda cinese si risveglia con l’allentamento delle restrizioni “zero Covid”.
La concorrenza asiatica
Gli importatori di GNL in Europa e in Asia competono per l’approvvigionamento dagli stessi esportatori, come gli Stati Uniti e il Qatar. Un vantaggio del tetto massimo è che potrebbe ridurre la probabilità di guerre d’asta e di impennate dei prezzi per le spedizioni tra le due regioni. I prezzi del GNL asiatico seguono da vicino le mosse dell’Europa e i due mercati sono diventati strettamente legati nell’ultimo anno.
La misura europea potrebbe comunque essere ritirata in caso di effetti negativi. I responsabili politici affermano che il tetto è stato pensato per attirare i fornitori globali. Questa soluzione è stata festeggiata da diversi importatori asiatici di GNL, che secondo i commercianti sono stati a loro volta vittime dell’effetto a catena delle tariffe europee in aumento dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Quest’anno i prezzi in Asia hanno oscillato tra i 19 e gli 85 dollari, costringendo diversi importatori con problemi di liquidità a interrompere i piani di approvvigionamento.
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