Rudolf Minsch, capo economista di economiesuisse, ci ha spiegato che l’economia svizzera «è pronta ad affrontare le sfide di una domanda internazionale lenta».
Per la quinta volta consecutiva nel giro di un anno, la Banca nazionale svizzera (Bns) ha messo mano alla politica monetaria, rincarando il costo del denaro di 25 punti base. Il tasso guida Bns è passato dunque all’1,75%.
Nulla di nuovo, ad ogni modo. Il presidente dell’istituto centrale elvetico, Thomas Jordan, ad ogni suo intervento pubblico ha sempre ribadito con fermezza il mandato della banca centrale: mantenere la stabilità dei prezzi. Concetto che ha ripetuto anche questa mattina in conferenza stampa.
Insomma, fino a quando l’inflazione non sarà riportata al suo posto, si continuerà su questa strada. Tenendo in considerazione che il suo andamento è strettamente variabile, anche per via delle influenze economiche provenienti dall’estero.
«Il tasso di inflazione in Svizzera è superiore alla zona obiettivo della Bns», ci spiega il professor Rudolf Minsch, capo economista di economiesuisse.
«A differenza di altri Paesi, abbiamo la possibilità di mantenere la stabilità dei prezzi, presupposto spesso sottovalutato e alla base di una crescita economica sostenibile. A tal fine, però, oggi è necessario un nuovo aumento dei tassi di interesse».
Negli ultimi mesi, l’inflazione ha iniziato a rallentare, ma rimane alta soprattutto fuori dalla Svizzera. Alcuni sostengono che i tassi di interesse non stiano funzionando. È così?
«Il problema è che il tasso di inflazione di fondo è ostinatamente alto. Il recente calo del tasso d’inflazione negli Stati Uniti e nell’Unione Europea (Ue) è dovuto alla riduzione dei prezzi dell’energia. È più grave che gli effetti dell’inflazione riguardino nel frattempo ampi settori dell’economia. Negli Stati Uniti e nell’Ue, la spirale salari-prezzi continua e sarà molto difficile riportare il tasso di inflazione al 2%».
Thomas Jordan, qualche tempo fa in una conferenza pubblica, ha affermato di non vedere una situazione preoccupante in Svizzera, in quanto i tassi rimangono tra i più bassi storicamente e a livello globale. Come sta reagendo l’economia reale?
«In generale, l’economia svizzera è in buono stato ed è pronta ad affrontare le sfide di una domanda internazionale lenta. Inoltre, il rischio di un crollo del mercato immobiliare è meno probabile che in altri Paesi, perché la domanda di case è robusta e non c’è un eccesso di capacità nel mercato. Tuttavia, un grande ostacolo alla crescita è attualmente la carenza di manodopera».
Le imprese sono attualmente frenate negli investimenti?
«In base alla nostra indagine, ci aspettiamo un’attività di investimento relativamente lenta, ma stabile quest’anno e per l’anno prossimo intorno al 2%. Le imprese sono più restie a investire a causa delle incertezze globali che per l’aumento dei tassi di interesse. I costi del capitale sono ancora moderati e non osserviamo una stretta creditizia: i progetti validi riescono sempre a trovare un finanziamento».
Cosa possiamo aspettarci dalle prossime riunioni della Bns?
«Mi aspetto un ulteriore inasprimento della politica monetaria e un aumento dei tassi di interesse dello 0,25 in autunno».
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