Una performance imprevedibile per portata e rapidità: coinvolte tutte le criptovalute, Bitcoin primo fra tutti. «Perché è il più sicuro, conosciuto, facile da avere. Ora le banche si adeguino: solo la trasparenza può evitare nuovi incidenti»
Piaccia oppure sia vissuto come un affronto a chi oggi soffre, è anche il riscatto del Bitcoin: scantonato fino a soli pochi mesi fa, bistrattato quasi e sceso ai suoi minimi, vittima dei terrori di un mercato che, oggi, sposta le sue paure. A essere temuto, adesso, è il sistema tradizionale delle banche, giunto sull’orlo del tracollo con Credit Suisse, salvato in extremis dall’intervento della banca centrale elvetica e dalla decisione di un competitor che si è accollato onori e debiti. Ed ecco che le criptovalute, in un attimo o poco più, hanno ribaltato sorti e reputazioni; sono diventate rifugio, porto sicuro, con una fretta e una violenza che ha meravigliato anche chi un po’ lo prevedeva e molto di più ci sperava. «Personalmente non sono sorpreso dell’accaduto, ma dalla sua portata e dalla velocità con cui le cose hanno preso questa direzione», ammette Friedrich Herzog, responsabile della ricerca per Crypto Finance, società svizzera partecipata per due terzi da Deutsche Börse che fornisce trading, storage e investimenti in risorse digitali.
Perfino lei lo trova strano ?
«Era normale che la gente ridimensionasse le proprie aspettative e che questo si traducesse in una performance positiva del Bitcoin, ma la rapidità, la forza, l’intensità con cui tutto ciò si è realizzato è la vera sorpresa».
Il Bitcoin spicca su tutte le altre criptovalute: perché?
«Questo è il secondo aspetto che sorprende e che merita una riflessione. Sì, il Bitcoin sta superando gli altri e, ragionando da osservatori, questo coglie un po’ alla sprovvista. Di solito, sono altre criptovalute, come Ethereum e Solana, a fare meglio. Questa volta invece è il Bitcoin a lasciarsi indietro tutti».
Come si spiega?
«Ovviamente delle ragioni esistono. La prima è quella che si ripete sempre: che il Bitcoin è l’unica criptovaluta davvero svincolata da tutto, super-decentralizzata. E questo però, se è vero oggi, lo era anche prima. Io propendo per un paio di altre spiegazioni. La prima riguarda l’apparato regolatorio che circonda le criptovalute negli Usa».
Questo come ha influito?
«La politica monetaria globale, mutata per combatere un’inflazione rampante, ha determinato l’apprezzamento degli asset di rischio. Il Bitcoin, così come le altre monete digitali, comporta dei rischi. Ma, fra tutte, è l’opzione più sicura. Quando si è disposti a correre dei rischi, non è così importante che il ritorno possibile sia 80 o 100. Conta di più la sicurezza: e il Bitcoin è la valuta con il rischio normativo minore, che ha probabilità inferiore di violare la legge».
Terzo motivo?
«Ѐ molto semplice. Il Bitcoin è la criptovaluta più accessibile di tutte. Ѐ la più facile e la più veloce da ottenere, la più comoda e anche la più conosciuta. Viene naturale rivolgersi a essa. Non che questo sia un bene, a mio parere. Dovremmo nutrire diverse preoccupazioni riguardo alla normativa della Blockchain. Ma non ci sono limiti. E le cripto possono salire».
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Ѐ il momento giusto per comprare Bitcoin, dunque?
«Le previsioni degli analisti riguardo al 2023 lo dicevano già nel 2022. Ovviamente, a quell’epoca erano sono ipotesi ottimistiche. Ma oggi il mercato ci dice che è davvero così. La situazione è più stabile, non ci sono corse all’acquisto, chi doveva vendere ha già venduto. Posso dire che non c’è un momento migliore di questo. Però, ancora una volta: avevamo ragione, ma non ci aspettavamo una tale portata. Le criptovalute stanno guadagnando e il Bitcoin è il cavallo più veloce su cui puntare».
Sembra che il Bitcoin traga profitto dalle disgrazie altrui. Solo un’impressione? Qual è il legame tra l’affaire Credit Suisse e il Bitocin che vola?
«Il più scontato è la diffidenza dei risparmiatori e degli investitori ad affidare denaro a banche che si stanno dimostrando fragili. A quel punto, spostare fondi sul Bitcoin potrebbe essere l’alternativa. Le Banche centrali stanno cambiando la loro policy, iniziano a offrire denaro agli istituti in difficoltà. Davanti a Credit Suisse che crollava, la Bns ha concesso prestiti per salvarla. La cripto è al di fuori da questi giochi».
Che cosa si aspetta nei prossimi giorni: il Bitcoin crescerà ancora, si fermerà o magari, davanti a un nuovo equilibrio, tornerà un po’ indietro?
«Difficile dirlo. Ogni previsione sarebbe un azzardo poco degno di fiducia. Piuttosto, stiamo a guardare quello che accade negli Stati Uniti. Le decisioni che prenderà la banca centrale potranno imprimere un corso piuttosto che un altro. Penso che ci sarà un grande rally fra le criptovalute finché la situazione dei mercati comincerà ad appianarsi. Se le banche si trovano in una situazione di stress, il Bitcoin va su. Le Banche centrali, però, stanno intervenendo e per quello che io posso vedere sono in grado di dare sollievo agli istituti più sotto pressione. Dunque è possibile che il Bitcoin continui una performance positiva, ma più contenuta».
Friedrich Herzog, la Blockchain non si considera un po’ colpevole per quanto è accaduto? Non ha qualche responsabilità?
«Non lo credo. Anche negli Stati Uniti, le criptovalute sono una minoranza, intorno al 25%. Hanno dimensioni ancora troppo modeste come asset class per essere incisive a tal punto. Possiamo considerarle qualcosa alla stregua di grandi società come Tesla e Amazon, non altro».
Eppure stanno dimostrando che qualcosa di diverso è possibile, forse migliore. Ciò non influisce?
«Il mondo cripto sta senza dubbio agendo come un segnale. Ѐ trasparente, cosa che nella finanza tradizionale non esiste».
Un segnale che il sistema bancario tradizionale sta morendo - o è destinato a morire?
«In teoria potrebbe accadere, ma non è qualcosa che io possa considerare realistico. Il Bitcoin, come le tecnologie innovative, hanno portato qualcosa di buono. Il sistema tradizionale sembra ancora quello più sicuro, ma le novità tecnologiche hanno parimenti dimostrato di poter lavorare molto bene. Dunque, io non credo che niente scomparirà. Non c’è alcuna ragione per pensare di non potere far convivere entrambi i sistemi».
Forse la parola d’ordine è "svecchiarsi"?
«Esatto. Questa è la strada. In particolare, bisogna lavorare sulla trasparenza. Guardiamo al caso della Silicon Valley Bank: era prevedibile che sarebbe crollata, è crollata, perché i suoi numeri si conoscevano. Non ha senso impedire di conoscere le perdite di un colosso bancario, nasconderle al pubblico. Per quale motivo dovremmo nasconderle? Oppure pensiamo a Terra Luna: anche in questo caso, non era un segreto che sarebbe collassata. In questo modo, è stato possibile aprire una discussione».
La trasparenza come maniera per imparare dagli errori?
«La trasparenza è qualcosa di fondamentale soprattutto perché, mostrando quello che accade, offre un’altra opportunità. Con il sistema tradizionale, non si ha mai alcuna idea di quello che stia accadendo dietro le quinte. Inoltre, ogni Paese ha regole differenti. Ecco, io penso che il sistema abbia molto da imparare dalle cripto. Se così facesse, sono certo che capiterebbero meno incidenti come quello che è appena capitato a Credit Suisse».
La strada però è ancora lunga, la trasparenza lontana. Ne deduco che ci saranno altri incidenti come questo. Esatto?
«Penso proprio di sì. Molte banche stanno soffrendo, anche se non si sa o non è abbastanza comprensibile fino a quale punto. Anche perché le Banche centrali stanno correndo in aiuto, prestando denaro per risollevarle. Detto questo, l’incidente di Credit Suisse non sarà l’ultimo. Ci sono banche di cui non si parla che in questo momento hanno un disperato bisogno di risorse che le Banche centrali sono disponibili a offrire, come momentanea via d’uscita "sul retro". Questo perché non si è ancora pronti a quello che può aiutare davvero, cioè la trasparenza».
Dunque ci sarà un prossimo. Non le domando chi, ma le domando dove: Usa o Europa?
«Le banche europee in questo momento sono in una posizione relativamente migliore, rispetto per esempio alle banche della Silicon Valley. Quanto è accaduto a Credit Suisse si spiega con problemi che si trascinavano da tempo. In genere, in Europa va meglio anche perché le banche tendono ad essere meno "risk taker", a correre meno rischi».
La crisi del 2008 resta uno spettro o una possibilità?
«La crisi del 2008 è stata qualcosa di molto più estremo, alimentata da una grossa creditizia e banche centrali con minore capacità di intervento. Ora le banche centrali sono in grado di reagire velocemente».
Ragioniamo per assurdo. Se Credit Suisse fosse fallita, se non fosse stata "salvata", che cosa sarebbe successo al Bitcoin? Sarebbe cresciuto anche di più o, al contrario, sarebbe stato travolto da una crisi globale?
«Avremmo assistito a una corsa ancora più impetuosa. Avrebbe guadagnato di più. Se Credit Suisse fosse collassata completamente, ci sarebbe stato un effetto domino: Credit Suisse non è solo una banca privata, è un’infrastruttura nel sistema bancario e avrebbe trascinato giù tutti gli altri. Si sarebbe aperta una recessione. L’impatto sarebbe stato sconvolgente sull’economia e la finanza e questo avrebbe avvantaggiato alternative come Bitcoin e criptovalute in generale».
Scherziamoci su: non sarà anche un po’ dispiaciuto?
«No. Siamo una società che opera nel mondo cripto, ma abbiamo tutto l’interesse a che l’economia funzioni».
E le criptovalute invece? Funzionano o soffrono ancora il contraccolpo di quanto accaduto lo scorso anno?
«A livello globale, la gente è tornata a interessarsi a esse. Sta aggiungendo Bitcoin e criptovalute ai propri portfolio. Lo scorso anno è stato commesso un errore: giudicare la performance in maniera estemporanea, senza inserirla in un contesto storico. Peraltro, se analizziamo i dati, scopriamo che non è stato il cripto ad avere la performance peggiore, ma i titoli protetti dall’inflazione. Questo è qualcosa che dovremmo conoscere e riconoscere: quando costruiamo un portfolio, è importante sapere i rischi generali che corriamo. Le cripto hanno fatto meglio dei bond e in particolare dei bond governativi protetti: la loro performance è stata davvero negativa. Dovremmo imparare a non estrapolare dati dal contesto: c’è il serio pericolo di esserne fuorviati».
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