Sotto accusa, in particolare, il produttore di cemento Holcim, contro il quale è stata intentata una causa: metterebbe a rischio la sopravvivenza di circa 1.500 persone.
Capita di trovarsi dei nemici un giorno con l’altro; di dover rispondere ad accuse impalpabili, non misurabili se non con le parolone grosse che vanno ormai di moda. Una su tutte: cambiamento climatico. Ecco così che viene facile essere messi sotto accusa, difficile difendersi. La Svizzera, per esempio, si ritrova adesso nel mirino nientemeno che dell’Indonesia: preoccupata perché le aziende elvetiche metterebbero a repentaglio l’esistenza dei suoi abitanti.
Le inondazioni sull’isola di Pari
A fare da portavoce, quattro residenti dell’isola indonesiana di Pari, che hanno deciso addirittura di intentare una causa contro Holcim e la produzione di cemento che, a loro dire, è responsabile dei danni climatici con cui si trovano a fare i conti. «A causa dei cambiamenti climatici, i livelli del mare stanno aumentando e le tempeste stanno inondando sempre più la nostra isola piatta», sostengono, convinti che a rischio sia la vita di tutti i 1.500 circa residenti della località a nord-ovest di Giacarta. Essendo Holcim inserita nella lista dei cinquanta maggiori produttori di anidride carbonica nel mondo, ecco che le responsabilità vengono indirizzate verso di essa, assieme a un’abbondante richiesta di risarcimento.
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Una "violazione dei diritti della personalità"
Così, per la prima volta un’azienda svizzera si trova in tribunale a rispondere di un peccato originale come quello del cambiamento climatico e delle sue conseguenze negative sull’esistenza umana, altrimenti chiamato "violazione dei diritti della personalità". Per rimediare agli errori passati, i querelanti chiedono denaro per attuare misure di protezione contro le inondazioni, conseguenza dell’inquinamento; per il futuro, si invoca più attenzione e una riduzione delle emissioni di CO2 del 43% entro il 2030 e del 69% entro il 2040, rispetto ai valori del 2019.
Già respinta una richiesta di conciliazione
Le carte sono state depositate a inizio settimane presso il Tribunale cantonale di Zugo, nel cantone cioè dove ha sede il Gruppo Holcim. Che, dopo aver già rifiutato una conciliazione bonaria, insiste nel respingere le accuse: concentrarsi su una singola azienda non è il modo più efficace per reagire a quanto sta accadendo e far fronte ai problemi climatici, replica in primis. Aggiungendo poi di essere assolutamente interessata alla sua protezione e di aver già adottato strategie al riguardo, secondo «un approccio basato sulla scienza» in linea con le direttive di Parigi.
Holcim: «Lavoriamo per la transizione»
Con oltre 70mila dipendenti e un fatturato cresciuto dell’11,3% nel 2021, a 26,8 miliardi di franchi, Holcim avrebbe tutto l’interesse ad accelerare la transizione verso un consumo energetico netto pari a zero. Ed è in questa direzione, giura, che si sta muovendo, invisibile però agli occhi degli abitanti dell’isola secondo cui «la nostra esistenza è minacciata: vogliamo che i responsabili agiscano finalmente».
Lo studio del Global Climate Forum
In effetti, qualcosa di strano c’è. Solo lo scorso anno, l’isola è stata allagata cinque volte e i residenti portano a sostegno delle loro accuse uno studio del Global Climate Forum, secondo cui si tratterebbe di un effetto del riscaldamento globale. Quale parte in esso abbia Holcim, dovrà stabilirlo però ora un giudice, valutando anche le critiche dell’organizzazione umanitaria Heks secondo cui i piani climatici di Holcim sono «troppo poco e troppo tardi».
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