E’ quanto emerge dall’indagine condotta da Credit Suisse su oltre 1100 aziende svizzere, dal titolo al «Sondaggio sulle divise Credit Suisse 2022». Ecco quali sono i risultati.
Per il 2022 le aziende svizzere prevedono un lieve apprezzamento dell’euro e una sostanziale stabilità del dollaro statunitense. E’ quanto emerge dal sondaggio sulle divise condotto da Credit Suisse, su circa 1100 aziende, chiamate a condividere vari aspetti della loro gestione valutaria. Il campione delle imprese prese in esame è molto eterogeneo: la metà opera nel settore industriale, poco più di un terzo nel terziario e circa il 13% degli intervistati in entrambi i settori. Il 90% delle aziende ha una vocazione internazionale, il 28% nell’import, il 23% nell’export e il 39% in entrambi i comparti. Solo l’11% delle aziende partecipanti al sondaggio focalizza le sue attività commerciali sulla Svizzera.
Cosa prevedono le aziende
Euro e dollaro americano sono a tutt’oggi le monete estere in assoluto più importanti per le aziende svizzere, tanto negli acquisti quanto nelle vendite. Più di un’azienda su dieci compra o vende inoltre beni o servizi in una moneta asiatica. Entro la fine del 2022, le aziende intervistate nell’inchiesta promossa da Credit Suisse si aspettano in media un leggero apprezzamento dell’euro rispetto al franco svizzero, mentre per il tasso di cambio USD/CHF viene ipotizzato un andamento laterale. La quota pari a circa il 40% delle aziende che coprono i loro rischi di cambio, rimane pressoché invariata anche per i prossimi mesi.
Variazioni euro franco
Le aziende che hanno partecipato al sondaggio annuale sulle divise di Credit Suisse prevedono che alla fine del 2022 il tasso di cambio EUR/CHF si attesterà a 1,08 (oggi è 1.04), il che significherebbe un leggero apprezzamento dell’euro, mentre sul fronte del biglietto verde non si attendono grandi cambiamenti, tant’è vero che le aziende pronosticano per la fine dell’anno un corso di cambio di 0,93 rispetto al franco svizzero (oggi è 0.92). Quasi un quinto degli interpellati si attende un intervento rialzista sui tassi ad opera della Banca nazionale svizzera (BNS) entro la fine dell’anno a venire, mentre l’80% ipotizza che il tasso guida si arroccherà sul -0,75%.
L’euro è la moneta più importante negli acquisti
Sul versante degli acquisti l’euro è tuttora più utilizzato del franco svizzero. Il 78% delle aziende interpellate paga, quantomeno in parte, le prestazioni preliminari in euro, nell’industria la quota sale persino all’85%, mentre nel terziario si attesta sul 71%. In ordine al franco svizzero, con rispettivamente il 70%, 75% e 63% queste cifre scendono di circa dieci punti percentuali. La seconda moneta estera in ordine d’importanza e la terza più utilizzata nelle transazioni di acquisto è il dollaro statunitense, con il quale il 40% delle aziende partecipanti al sondaggio paga almeno in parte i propri acquisti, precisando che le differenze tra i settori sono trascurabili. Nell’acquisto di prestazioni preliminari tutte le altre monete totalizzano insieme una quota del 10%. Sul versante delle transazioni di acquisto delle aziende, l’euro raggiunge in media una quota del 44% e il dollaro statunitense circa un terzo.
Le valute utilizzate nelle vendite
Il franco svizzero è la moneta dominante nelle vendite. Quasi il 70% delle aziende intervistate vende almeno una parte dei prodotti o servizi in franchi, contro poco più della metà per l’euro e circa un quarto per l’USD. Anche nelle vendite, un numero significativamente maggiore di aziende del settore industriale indica di fare ricorso all’euro (69%) e all’USD (39%) - nel terziario la quota ammonta rispettivamente al 47% e al 31%. Nelle aziende che realizzano fatturati in euro e USD, queste monete raggiungono quote del 43% e 36%. Altre monete ricoprono un ruolo nell’acquisto di beni e servizi per il 6% delle aziende.
Scarsa copertura sui rischi di cambio
Quasi il 40% delle aziende intervistate copre in parte i rischi di cambio. «Si tratta di una percentuale bassa», ha commentato Claude Maurer, capo-economista Svizzera di Credit Suisse. In media la quota di copertura delle aziende che si tutelano dai rischi di cambio ammonta al 60% circa. Le imprese con un’esposizione valutaria verso monete asiatiche o sudamericane si tutelano molto più spesso (rispettivamente 68% e 72%), mentre le aziende esposte a un rischio di cambio sull’euro o sull’USD tendono mediamente a coprirsi meno (rispettivamente 38% e 43%).
Rischio consapevole
Una «copertura naturale» – ossia acquisti e vendite nella stessa moneta – è il secondo motivo più indicato alla domanda sul perché non sia stata tutelata finanziariamente l’esposizione in moneta estera (32%). Peraltro anche la maggiore flessibilità (18%) e direttive interne (16%) dissuadono le aziende dal dotarsi di una copertura finanziaria. Più della metà delle imprese partecipanti al sondaggio (54%) indica di accettare consapevolmente un certo rischio valutario in modo da poterne eventualmente anche trarre profitto. Inoltre, una parte degli intervistati non ha semplicemente mai preso in considerazione una copertura finora (12%), ha risorse limitate (8%) o ritiene che una copertura sia un’operazione troppo complessa (4%).
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