Nonostante dati oggi eccellenti, solo il 35% degli imprenditori metalmeccanici ed elettrici è ottimista: colpa di guerra, approvvigionamenti difficili, prezzi delle materie prime, rischio razionamento del gas e di un possibile ritorno del Covid.
La guerra in Ucraina, fuor di dubbio. Il lockdown in Cina e lo spettro del Covid che non sembra mai allontanarsi per davvero. Il rischio di una spirale salari-prezzi. E soprattutto il gas, che potrebbe venire a mancare e portare a una interruzione della produzione. Eccole, le ombre che offuscano una situazione che altrimenti, in questi primi mesi del 2022, potrebbe dirsi felice. Dopo essere precipitata là dove peggio non poteva durante la pandemia, l’industria metalmeccanica ed elettrica svizzera sembra essersi ripresa alla grande. Nel primo trimestre del 2022, le commesse in entrata sono aumentate dell’11,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il fatturato del 12,8%. Eppure non tutto è oro quello che luccica, si potrebbe a buon diritto dire, fatto salvo l’abuso del modo di esprimersi.
Le esportazioni vanno forte in Asia
Molto bene le esportazioni, +9,2% per un valore complessivo di 17,9 miliardi di franchi. A trainare l’Asia con un +11,1%, mentre l’Ue ha raggiunto un pregevole +9,8%; più modesti i risultati negli Stati Uniti, comunque di segno positivo: +5,9%. Nessun prodotto ha fatto eccezione: che si sia trattato di metalli (+14,9%), strumenti di precisione (+9,4%) o elettrotecnica ed elettronica (+7,5%), ma anche macchine (+6,0%), tutti hanno conseguito ottimi profitti. Ciò nonostante, è il futuro a preoccupare seriamente: gli imprenditori del settore vanno con i piedi di piombo e pensano, nel 47% dei casi, che nel prossimo anno la situazione non progredirà più, assestandosi sui livelli raggiunti; il 18% di loro, cioè 5 punti percentuali in più rispetto a tre mesi fa, addirittura crede che vi sarà un decremento. Solo il 35% è ottimista e pronto a giurare invece in un incremento delle commesse dall’estero.
Le ragioni ponderate del pessimismo diffuso
Per quali motivi? Quelli già accennati: i pericoli incombenti di un aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, delle difficoltà di approvvigionamento, di un eccesso del protezionismo e di una possibile ricaduta nelle pandemie. Si attenua così facilmente la prospettiva rosea che si è intravista in questa prima parte dell’anno, eccezion fatta per alcuni sottosettori come quello automobilistico. Benché il volume delle nuove commesse superi di oltre un quarto quello precedente la pandemia, è infatti ancora in ritardo lo sviluppo del fatturato, che nei primi tre mesi del 2022 ha superato di soli 4 punti percentuali il livello pre-crisi.
Una situazione rapida a deteriorarsi
Su questa prima porzione dell’anno paiono riflettersi in misura marginale le conseguenze della guerra in Ucraina e del lockdown in Cina, ma i feedback ricevuti da parte dell’associazione Swissmem mostrano un quadro prossimo a deteriorarsi. Quanto i ribaltoni possano avvenire in fretta lo sa bene un settore che è sempre stato il fiore all’occhiello dell’industria svizzera, maggior datore di lavoro nella Confederazione, fino a che il Covid lo ha fatto precipitare a soglie mai toccate prima.
Il cocktail tossico del direttore Brupbacher
Ecco perché adesso è bene non esultare, nonostante tutti i dati parlino di una ripresa netta. Il rischio è dietro l’angolo e le preoccupazioni sono forti. «I lockdown in Cina e la guerra in Ucraina aggraveranno certamente i problemi di approvvigionamento - riflette Stefan Brupbacher, direttore di Swissmem - Si prevede un’attenuazione della situazione non prima dell’anno prossimo. In combinazione con gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dei fattori di produzione, l’accentuarsi del protezionismo e una possibile riacutizzazione della pandemia, si è creato un cocktail tossico che potrebbe ridurre la domanda di beni strumentali e di beni di consumo durevoli già nei prossimi mesi».
Svizzera fornitrice, ma attenzione ai salari
Grazie ai problemi della catena di fornitura globale, le aziende fornitrici in Svizzera, soprattutto le pmi, sono riuscite ad aggiudicarsi più ordini e a guadagnare punti grazie alla qualità e all’affidabilità nelle consegne. Ma «se gli aumenti salariali eccessivi innescano una spirale salari-prezzi, per l’industria dei fornitori andrà nuovamente perso il vantaggio di localizzazione - continua Brupbacher - L’inflazione in Svizzera è relativamente bassa. Ora per le aziende fornitrici svizzere è importante mantenere aperta l’opportunità di posizionarsi nelle catene di fornitura di nuova formazione».
Lo spettro di un razionamento del gas
La guerra va ad aggiungersi a una situazione dove il virus rappresenta la principale minaccia, quasi scalzandolo nella classifica. A seconda dell’evoluzione del conflitto, il prossimo inverno in Svizzera potrebbe infatti verificarsi una carenza nelle forniture di gas naturale. «Non può esserci un razionamento del gas: questo minaccerebbe l’esistenza di molte aziende industriali», dice chiaro Martin Hirzel, presidente di Swissmem, invitando il Consiglio a «fare tutto il possibile per evitare una strozzatura delle forniture».
Abbassare la temperatura negli edifici
Pur lodando l’iniziativa dell’ordinanza urgente volta a garantire le capacità di stoccaggio nei Paesi vicini e le opzioni per ulteriori forniture di gas, Hirzel sottolinea come sia necessario andare oltre: ad esempio, ribassando di due o tre gradi la temperatura degli ambienti negli edifici pubblici, nelle aziende e nelle famiglie, così da produrre una riduzione del 15-20% del consumo di gas. «Con una campagna, il Consiglio federale deve sensibilizzare tempestivamente l’economia e la popolazione, motivandoli ad adottare misure volontarie: solo così potremo evitare il razionamento, che metterebbe a rischio aziende e i posti di lavoro».
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