Dallo studio è nata una startup che ha certificato il calcestruzzo tech a Montagnola.
Tante volte ce lo siamo chiesti: come fanno i monumenti del passato a resistere per secoli, spesso nonostante le intemperie? Un confronto che gli edifici moderni non sono in grado di sostenere.
Il segreto sembra essere stato svelato dal Mit di Boston. Una scoperta resa possibile grazie a un gruppo di scienziati sparsi tra Stati Uniti, Svizzera e Italia. Coordinati dal chimico archeologico Admir Masic, professore associato di ingegneria civile e ambientale al Massachusetts Institute of Technology, hanno identificato gli elementi che stanno alla base della resilienza del calcestruzzo con cui gli antichi romani costruirono l’antica Roma.
Dal 2017, Masic e il suo team al Mit studiano il calcestruzzo romano, chiedendosi come mai strutture come Pantheon e Colosseo, ma anche porti, acquedotti, ponti e terme, siano sopravvissuti affrontando intemperie, terremoti, incurie.
Lo studio è stato pubblicato negli scorsi giorni dalla rivista Science Advances confermandone la valenza scientifica. Il grande segreto degli antichi romani starebbe dunque nell’utilizzo di una formula a base di calce viva che permette al calcestruzzo di ripararsi da solo e di durare più a lungo.
Dallo studio un cemento tech
Questa è l’idea da cui è partita la startup italiana, la Dmat – Deep tech company – per sviluppare una tecnologia innovativa e creare nuove tipologie di calcestruzzi durevoli, sostenibili e soprattutto autoriparitivi come quelli degli antichi romani. A guidarla, tra gli altri, lo stesso Masic, socio-fondatore. Dmat è stata fondata nel 2011 da Paolo Sabatini, Carlo Andrea Guatterini e dal francese Nicolas Chanut.
La nuova generazione di calcestruzzi, chiamata D-Lime, è stata certificata in Ticino dall’Istituto di Meccanica dei Materiali SA di Montagnola e oltre alla capacità di autoriparazione, garantisce un significativo abbattimento dei costi e delle emissioni di anidride carbonica (risparmio del 20%) rispetto ai prodotti presenti sul mercato, secondo quanto afferma la società.
Il segreto
Ma come fa ad autoripararsi il cemento? Analogamente al calcestruzzo romano, il processo autorigenerante viene attivato dall’acqua che anziché danneggiare il materiale, richiude le fessurazioni con un processo simile a quello di cicatrizzazione dei tessuti biologici.
Stando a quanto dichiarato dell’azienda, la produzione di questo nuovo calcestruzzo non richiede modifiche agli impianti produttivi e consente fino a un 50% di risparmio sui costi.
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