Dopo la seconda metà di agosto, AITI convocherà le imprese associate per informarle sulla situazione.
Per ora, stando a quando dice l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese (UFAE), la situazione è ancora sotto controllo, dal punto di vista energetico in Svizzera. Ma con una crisi energetica alle porte, la prima nella storia dell’Europa, si stanno studiando piani strategici per arrivare pronti all’inverno, per fronteggiare gli eventuali cali di elettricità e gas. Tra le questioni che preoccupano di più, l’ennesima stretta ai rubinetti del gas naturale da parte della Russia verso l’Europa. A cui si aggiunge, la siccità che mette a rischio il sistema elettrico nazionale e il tradizionale uso dell’energia idroelettrica.
Se da un lato, dunque, si procede verso uno stato d’allerta, mai visto prima, dall’altro si invita a mantenere la calma. La Svizzera, infatti, non è uno stato ad alto consumo di gas, poiché copre circa il 15% dei consumi. Si ricorre all’elettricità per il 25% del fabbisogno, mentre domina ancora, al 50%, l’uso del petrolio.
Un piano per ridurre i consumi
Tra le varie strategie vagliate, da parte della Commissione federale dell’energia elettrica (ElCom), vi sarebbe il razionamento delle forniture di elettricità, anche per le imprese. Una stretta che non ha trovato appoggio nella Camera di Commercio del Canton Ticino, che qualche giorno fa, ha preso posizione a riguardo. Nella sua nota, diffusa attraverso il sito web, ha sostenuto che i possibili scenari “andrebbero a colpire principalmente le aziende, obbligandole a una riduzione dell’indice produttivo”, ribadendo inoltre: “Non è corretto pensare di poter scindere l’economia dai cittadini”
Sul fronte delle industrie, intanto si corre ai ripari. «Attualmente le imprese sono consapevoli che esistono degli scenari da parte della Confederazione in caso di razionamento dell’energia – spiega il direttore dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), Stefano Modenini –. Attendiamo di conoscere i dettagli nelle prossime settimane, perché le aziende hanno bisogno di essere preparate a gestire queste eventuali interruzioni. AITI intanto è in contatto con le autorità federali e con le associazioni economiche nazionali e sappiamo che l’evolversi della situazione è strettamente legata all’andamento delle forniture energetiche del Paese. Questa situazione, che non riguarda solo la Svizzera, non permette di avere grandi certezze».
L’approvvigionamento delle aziende è completamente dipendente dalle forniture di energia e gas?
«Sempre più aziende hanno scelto da diverso tempo di installare impianti fotovoltaici e rendersi, per lo meno, parzialmente indipendente da elettricità e gas. Ma sappiamo che in base alle diverse esigenze produttive ciò non è sufficiente».
Una tendenza che è cresciuta a causa dell’aumento dei prezzi?
«Già da tempo diverse aziende avevano fatto questo passo. Chiaramente negli ultimi mesi c’è stato un incremento delle richieste verso la posa di impianti fotovoltaici. A dipendenza della posizione dell’azienda, essendo diverse industrie di medie e grandi dimensioni, il potenziale di produzione autonoma di energia è abbastanza interessante».
Ci sono delle aziende più esposte di altre a questi tagli?
«Il settore industriale è uno dei segmenti di maggior consumo, in particolare di elettricità e in parte di gas. In Ticino, le aziende molto energivore non sono tante ma esistono: ne abbiamo un nucleo abbastanza ristretto. La maggior parte, invece, hanno consumi medio-alti, non a livello di quelle di grosse entità, ma certamente superiori ad attività commerciali e ristoranti».
leggi anche
INCHIESTA Come incide il taglio del gas nell’Eurozona sulla Svizzera? L’analisi di Gazenergie e AES
Gli imprenditori sono preoccupati?
«La preoccupazione c’è, anche perché nonostante ci siano dei contratti di fornitura in essere di elettricità e gas, la garanzia di una fornitura al 100% di energia non sussiste considerando la situazione geopolitica e di mercato».
Cosa ha intenzione di fare AITI?
«Nelle prossime settimane intendiamo organizzare degli incontri informativi con le aziende alla presenza degli organismi e delle persone responsabili a livello nazionale della strategia di approvvigionamento in energia e dei possibili scenari di razionamento. L’obiettivo è quello di informare le aziende affinché sappiano come comportarsi, indipendentemente dalle forniture di energia. Parleremo della riduzione dei consumi e dell’uso appropriato dell’energia che ricevono. Misure che diverse imprese già attuano perché non hanno aspettato fino ad ora per ottimizzare e ridurre i consumi. Naturalmente le aziende dovranno essere informate su come avverrebbe un razionamento dell’energia qualora ciò capitasse e che misure dovrebbero mettere in atto».
Cosa succederà nella peggiore delle ipotesi?
«La Confederazione deve ancora fornire tutti i dettagli riguardo alle azioni da mettere in campo, nel caso di sospensione per fasce orarie delle forniture di energia elettrica e gas. Ogni impresa dovrà essere valutata in maniera univoca; questo perché vi sono diverse attività per le quali un’interruzione causerebbe ingenti danni. Fermare un’attività industriale non è come spegnere la luce in un esercizio pubblico: ci sono ad esempio impianti che non possono essere spenti, oppure possono essere spenti, ma per riaccenderli occorro delle settimane. Oppure pensiamo ad apparecchiature sofisticate come macchine laser che dal loro spegnimento potrebbero subire danni. Non si dovrebbe arrivare fino a un punto, ma non lo possiamo escludere, soprattutto in vista dell’autunno e dell’inverno. Dato che siamo un Paese importatore di energia in inverno, dobbiamo prepararci anche agli scenari peggiori».
Ci sono delle misure alternative?
«AITI si aspetta che l’autorità intervenga anche nei confronti della popolazione. Prima di arrivare a spegnere gli impianti di produzione, ci sarebbero altre misure da considerare. Per fare degli esempi: spegnere le luci pubbliche, come nei negozi la notte, o rendere obbligatoria la riduzione della temperatura all’interno delle abitazioni. Sono tutte azioni che non creano grandi problemi. Il discorso cambia sulla sospensione a impianti di produzione con costi elevati. La sospensione delle forniture alle imprese dovrebbe inoltre implicare degli indennizzi».
Cosa dovranno fare le aziende?
«Gli scenari più critici potrebbero indicare un blocco delle forniture a zone, per alcune ore. In questo caso, l’azienda dovrà organizzare le attività in modo che quando la fornitura sarà inferiore, i lavori svolti in quella parte della giornata saranno quelli con un minor consumo».
La riduzione delle attività comporta di per sé anche tagli del personale. È così?
«Il danno che si può procurare a livello svizzero è enorme, fermare le produzioni crea dei danni economici, quindi non possiamo escludere la messa in pericolo di posti di lavoro. Qualche giorno fa, la Migros ha dichiarato che con la riduzione delle forniture sono a rischio chiusura 1 negozio su 5. Le conseguenze le pagherebbero i cittadini, costretti a recarsi altrove per fare la spesa. Inoltre, la stessa grande distribuzione sarà obbligata a fare delle scelte, su cosa lasciar acceso nel corso dell’inverno: i frigoriferi verranno spenti, per consentire ai forni per il pane di lavorare. Sono tutte azioni concrete con le quali le aziende dovranno confrontarsi. Tenendo conto che nelle industrie, invece, ci sono dei macchinari che non possono essere spenti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter