Dall’Internet dell’informazione all’internet del valore: vietato farsi ingannare dai primi fallimenti. Secondo il ceo dell’exchange LCX, la blockchain sarà per i mercati finanziari quello che l’email è stata per il mondo della comunicazione: una rivoluzione.
Per il popolo di Internet, ma non solo, è un maître à penser. Un filosofo della blockchain applicata alla finanza, di cui parla con agio su Twitter, su Youtube, sui social in generale. Ospite di rilievo al World Economic Forum, invitato d’onore nei diversi simposi nel mondo dedicati a precorrere il futuro, protagonista in carne e ossa di interventi in pubblico che diventano video virali, Monty Metzger è giunto a Lugano questa settimana con una missione: spiegare qualcosa che, in un certo senso, è sotto gli occhi di tutti, eppure sfugge alla percezione approfondita di chi cerca il dominio dei dettagli e dei motivi.
In quale modo la realtà crypto e la blockchain stanno cambiando la finanza che conosciamo, titolo del suo intervento a Palazzo dei Congressi, resta, per molti versi, un mistero: dove quel che è oggi si trasforma in qualcosa di diverso già domani, a una velocità che rende impossibile afferrare appieno l’accaduto. Senza rimorsi si lascia alle spalle grandi nomi, d’improvviso divenuti fallimenti: vedi Ftx, per dirne uno, evidenza non di qualcosa che non va, giura Metzger, ma di qualcosa che al contrario cresce, selezionando quello che merita di andare avanti ed epurando ciò che non è all’altezza. Una rivoluzione, la chiama il ceo e fondatore di LCX, exchange di base in Liechtenstein: come è stata quella contro i sovrani, secoli fa; quella di Internet contro il mondo reale, qualche decennio addietro. Corsi e ricorsi storici: adesso tocca alla blockchain, carica delle sue promesse da mantenere e di tante incertezze che vengono da chi guarda quello che è ancora ignoto. Metzger spiega, racconta, celebra la visione che piano piano diventa concreta, guadagnandosi pubblico, se non sempre consensi.
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Metzger, perché la blockchain ha così bisogno di lei? Perché parlarne così tanto?
«Anzitutto, siamo dinnanzi a una tecnologia giovane, che è cominciata non molto tempo fa grazie all’avvento del Bitcoin. La blockchain è oggi per il denaro ciò che anni fa è stata l’e-mail per le lettere. Naturalmente le lettere hanno continuato a esistere, ma l’uso delle email ha stravolto il modo di comunicare, rendendolo ciò che conosciamo. Quello che all’epoca accadde per l’Internet dell’informazione e della comunicazione, oggi accade per l’Internet del valore, del denaro. Siamo nel mezzo della rivoluzione Fintech, grazie al potere di una nuova tecnologia, completamente e globalmente decentralizzata».
Questo continuo parlarne e sponsorizzarla non dipenderà invece dalle difficoltà che continua a incontrare, dai crac che si susseguono e dal bisogno sempre più consistente di restituirle credibilità?
«Siamo agli albori di questa rivoluzione, all’inizio di un percorso caratterizzato ovviamente da una grande sperimentazione. E sta succedendo quello che successe con l’email e le prime società Internet, né più, né meno. Anche allora spuntarono e scomparvero diversi nomi. Pensiamo a Myspace, il primo social network di successo, presto rimpiazzato da Facebook. Con la blockchain è lo stesso. Siamo solo alla prima generazione, con la conseguenza che assistiamo a crisi e fallimenti clamorosi. Anzi, veri e propri drammi, come il recente caso Ftx: niente di diverso dal corrispettivo che fu la bancarotta di Lehman Brothers, nel sistema finanziario tradizionale».
Dramma sì, ma ancora per una minoranza. È anche per questo che bisogna parlarne? Perché la smetta di essere un mondo per pochi?
«Se guardiamo ai numeri, si stimano circa 300 milioni di utilizzatori. C’è stata un’accelerata rispetto al passato e le cifre sono ora destinate a crescere in fretta. Pensare che, agli inizi del 2000, la blockchain era ancora un’idea futuristica. Come disse William Gibson, "The future is already here – it’s just not evenly distributed". Il futuro è già qui, solo che non è ancora distribuito uniformemente».
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In questo futuro, che cosa sarà esattamente la finanza?
«La blockchain, il mondo crypto, riguardano da vicino il sistema finanziario e il mondo del potere. Per questo motivo le banche centrali e i governi sono così preoccupati: temono di perderlo. La discussione è aperta, da tempo. Se n’è parlato spesso anche al World Economic Forum. La tokenizzazione degli strumenti finanziari rappresenta una opportunità enorme per i mercati».
Le banche però si sentono sotto minaccia. Che fine faranno: potranno convivere con una realtà che vuole svincolarsi dal potere centralizzato che oggi rappresentano o sono destinate a soccombere, se la blockchain prenderà piede?
«La blockchain prenderà piede. Non a caso, tutte le banche stanno facendo progetti intorno alle valute digitali. Le banche non scompariranno: allo stesso modo in cui si è cominciato a usare l’email in un mondo che fino a poco prima dipendeva dalla carta, le banche si digitalizeranno e tokenizzeranno i propri strumenti. Hanno e avranno un ruolo significativo da giocare, in questo futuro. Prevedo una forte competizione».
Che cosa ne guadagneremo?
«Le stablecoins sono una sorta di commodity, non avremo più bisogno d’altro. Lugano ce lo insegna. Qui è presente il Tether come stablecoin. Basta un semplice wallet e non cè neanche più bisogno di aprire un conto in banca».
Ma siamo davvero pronti? Non è solo cosa di nicchia, che ancora troppo pochi sanno utilizzare?
«In questo momento, effettivamente la blockchain viene utilizzata solo da chi ha conoscenze tecnologiche avanzate. C’è anche una questione di sicurezza, da non sottovalutare. Nel futuro, però, avremo wallet sui nostri smartphone e le criptovalute verranno usate con facilità. I nativi digitali già hanno dimestichezza con il Bitcoin».
Che vive un periodo buio. Lei che ne pensa?
«Il Bitcoin è una delle criptovalute più interessanti. Non è solo la prima, ma la migliore. Non è controllata da alcun potere, non conosce interferenze, è totalmente libera. Quanto ad atteggiamento mentale e culturale, il Bitcoin è assolutamente affascinante e non può essere fermato. Potrebbe diventare la valuta di riserva globale»..
E le altre criptovalute? Che ruolo avranno?
«Se ci stiamo domandando se il Bitcoin è la criptovaluta definitiva, la risposta è no. L’innovazione non si può bloccare e ci sono molte altre grandi idee intorno agli utility token, che restano l’idea geniale».
Ma come può il Bitcoin resistere, con tutti i problemi che sta affrontando?
«Il Bitcoin in sé non ha alcun problema. Sono le persone che stanno speculando a creare problemi. Speculazione a parte, il Bitcoin rappresenta un’eccellente idea di moneta libera, decentralizzata, non controllata».
Non controllata, lei lo dice: questo non lascia spazio al crimine?
«Anche il cash è usato a fini criminali, ad altissimo livello. D’altro canto, il Bitcoin offre più trasparenza di qualsiasi sistema bancario. Si possono conoscere tutti i wallet, gli indirizzi, si può sapere tutto».
Non è controllato, ma si può conoscere tutto. Non è una contraddizione?
«Le transazioni in Bitcoin non possono essere fermate: in questo senso è incontrollabile. Si possono però monitorare».
Metzger, questo mondo è davvero sicuro? C’è chi dice che non vi sia abbastanza regolamentazione. Abbiamo bisogno di nuove regole? Ne avremo bisogno in futuro?
«Di protezione c’è sempre bisogno, come insegnano il fallimento Ftx e il gioco d’azzardo con i fondi degli investitori. Noi vogliamo regole. Il punto è che abbiamo bisogno di regole intelligenti. Non abbiamo bisogno di più regole, ma di regole diverse, che non blocchino l’innovazione. In questo senso, è apprezzabile la normativa in Liechtenstein, che ha un approccio olistico ed efficace: può diventare un role-model per il resto del mondo».
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