Nel cantone, tutto il settore secondario sta vivendo una fase di grande ripresa. Il direttore generale dell’Associazione Industrie Ticinesi analizza lo stato di salute del comparto.
L’industria manifatturiera ticinese da sempre rappresenta un’eccellenza per tutto il Paese.
Con i suoi 31 miliardi di fatturato annuo, determina il 21% del PIL cantonale. Più di quanto facciano oggi banche e assicurazioni. Tra le eccellenze, al primo posto spicca il settore farmaceutico che realizza da solo metà del fatturato complessivo, seguito dalla meccanica di precisione che comprende anche l’orologeria, ambito che da solo impiega 2500 persone. Anche il fronte dell’occupazione si consolida. Oggi l’industria manifatturiera ticinese dà lavoro a 30mila addetti, 16mila dei quali provengono dall’Italia.
Associazione Industrie Ticinesi
Stefano Modenini è il direttore generale di AITI, Associazione Industrie Ticinesi, la principale organizzazione cantonale delle imprese appartenenti a tutti i rami industriali. Con lui abbiamo tratteggiato lo stato di salute dell’intero comparto.
Partiamo dai dati. L’Ufficio Federale di Statistica ha diffuso i risultati relativi al Settore Secondario nel 3° trimestre in Svizzera, nei quali si evidenzia una ripresa generale. E’ uno scenario in cui si rispecchiano anche le imprese ticinesi?
“Sì, certamente. Siamo allineati all’andamento che sta vivendo il resto del Paese. Stiamo attraversando una fase positiva, in recupero rispetto all’anno scorso, con performance che in certi settori sono addirittura superiori. Sono segnali confortanti”.
Eppure non mancano le criticità. Una su tutte: la carenza di materie prime. E’ un aspetto che vi preoccupa?
“E’ una situazione generalizzata a livello globale, che non affligge soltanto le imprese in Ticino. Nel Cantone abbiamo un’ampia rappresentanza di rami industriali. Una diversificazione che, seppure tuteli la solidità di tutto il comparto, ci mette nella condizione di avvertire ogni piccola variazione legata alla carenza di materie essenziali. Quella che più affligge gran parte delle realtà locali è la scarsità di componentistica elettronica. C’è poi la difficoltà a reperire gomma, ferro, alluminio, acciaio e non da ultimo la carta, essenziale per tutto il packaging manifatturiero. Il ritardo di approvvigionamento di uno solo di questi elementi si riflette poi sull’intero ciclo produttivo. La situazione comunque è sotto controllo,”.
C’è poi il capitolo legato alle fonti energetiche, diventate sempre più care.
“E’ proprio così. Le aziende ticinesi stanno già adottando le indicazioni fornite dalla Confederazione in materia di risparmio energetico e sviluppo di fonti alternative. Certo, l’aumento delle bollette di luce e gas si sta facendo sentire soprattutto per quelle realtà che hanno cicli produttivi connessi a queste risorse, come i forni per la produzione di grafite. Tuttavia, le aziende negli anni si sono strutturate dotandosi anche di broker interni per il settore energetico, ottenendo migliori condizioni di acquisto".
Negli ultimi tempi il franco si è molto rafforzato rispetto all’euro. Crede che questo fattore avrà ricadute sulle esportazioni?
“Quella del franco è una fluttuazione che già conosciamo e che le aziende hanno imparato con il tempo a gestire molto bene. Questa condizione favorisce l’acquisto di materie prime dall’estero, oltre che aumentare il potere di acquisto dei lavoratori frontalieri. Insomma, ci sono pro e contro che le imprese locali sono allenate ad amministrare in autonomia”.
Il quadro che ne emerge è di un settore solido, dinamico e ben organizzato in Ticino, in grado di affrontare ogni difficoltà macro e microeconomica. C’è un elemento che preoccupa le realtà industriali locali?
“La qualifica del personale. Nonostante il modello formativo professionale svizzero sia molto apprezzato, mancano le risorse necessarie per sostenere la competitività aziendale. Il nostro è un settore in cui operano molte imprese ad alta specializzazione e sempre di più si rileva la difficoltà a reperire profili professionali con caratteristiche qualificate, anche attingendo dal bacino italiano. Un problema reale, acuito anche dal fatto che la popolazione in età lavorativa sta invecchiando”.
Oggi il Paese è alle prese con una nuova ondata di contagi da Covid-19. Cosa vede all’orizzonte?
“Seppure i dati confermino una ripresa, è presto per dire che il peggio è passato. Rispetto al resto della Svizzera, il Ticino è favorito da un tasso di infezione ancora molto basso. Abbiamo calcolato che l’85% dei nostri lavoratori è vaccinato, merito anche dei tanti italiani impegnati nelle nostre aziende. Per il resto osserviamo tutti i piani previsti dalla Confederazione, oltre a sostenere l’applicazione del Certificato Covid”.
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