In Svizzera le persone dai 15 ai 29 anni disoccupate sono il 6,9% della popolazione attiva. Il tasso corrisponde a quasi la metà di quello dell’UE (13,2%).
Soltanto ieri le autorità della Confederazione, confermavano l’ottimo andamento dei dati occupazionali nel nostro Paese.
A completare il quadro, oggi, si aggiungono i numeri riferiti agli Under 30. Secondo i dati ufficiali, negli ultimi tre decenni, la percentuale di persone sotto i 30 anni nella forza lavoro è molto diminuita. E’ quanto emerge nella pubblicazione "Le persone di età compresa tra 15 e 29 anni sul mercato del lavoro svizzero nel 2020" prodotta dall’Ufficio federale di statistica (UST). Ecco le ragioni di questo calo.
Dal 30% al 22%
Nel 2020 la fascia di età 15-29 anni rappresentava il 22% della forza lavoro; 30 anni prima era del 29,7%. Quasi un terzo dei giovani adulti che erano impegnati nello studio e contemporaneamente nel lavoro, aveva un contratto a tempo determinato nel 2020 e quasi una persona su sette di questa età lavorava a chiamata.
Il tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15 ei 29 anni secondo l’Ufficio internazionale del lavoro (ILO) era del 6,9%, che è quasi la metà della media dell’UE.
I fattori
Tra il 1991 e il 2020, la quota di persone dai 15 ai 29 anni nella popolazione attiva è diminuita dal 29,9% al 22,0%, principalmente a seguito della crescente rilevanza della generazione del baby boom (persone nate tra il 1945 e il 1964) nelle fasce di età superiori. Altre spiegazioni possibili sono l’allungamento della durata della formazione e l’aumento della partecipazione delle donne di oltre 30 anni al mercato del lavoro.
Aumentano le giovani donne attive
Nel 2020 il tasso di partecipazione al mercato del lavoro (tasso di attività) delle persone dai 15 ai 29 anni si attestava al 75,4% (il dato include anche gli apprendisti), una quota leggermente inferiore rispetto a 30 anni fa (1991: 76,3%). Questa evoluzione è dovuta alla contrazione del tasso di attività degli uomini (–3,7 punti, attestatosi al 76,1% nel 2020) a fronte della progressione di 1,9 punti registrata per quello delle donne (2020: 74,6%). Nel 2020 il tasso di attività delle persone in formazione (apprendisti esclusi) si è attestato al 42,9%, mentre quello dei giovani che non stavano seguendo alcuna formazione ha raggiunto il 91,8%.
I contratti di durata determinata
Nel 2020, il 95,6% delle persone occupate dai 15 ai 29 anni era salariato, il 2,8% esercitava un’attività indipendente e l’1,6% lavorava nell’impresa di famiglia. La maggioranza delle persone salariate dai 15 ai 29 anni aveva un contratto di apprendistato (61,4 punti percentuali sul precitato 95,6%), mentre un sesto (14,8%) aveva un altro tipo di contratto di durata determinata (CDD). Meno di un terzo dei CDD era costituito da stage remunerati (4,3%).
Nel 2020, il 31,5% delle persone che erano in formazione (apprendisti esclusi) e contemporaneamente lavoravano era assoggettato a un contratto di durata determinata, quota in netto rialzo rispetto al 1996 (17,6%). Nello stesso lasso di tempo, la quota di CDD tra le persone occupate della fascia di età dai 15 ai 29 anni che non stavano seguendo una formazione è passata dal 9,6 al 14,1%.
Lavoro a chiamata
Nel periodo considerato, il 5,4% delle persone occupate tra i 15 e i 29 anni lavorava a chiamata, pratica diffusa in particolare tra le persone che esercitavano un’attività professionale contemporaneamente alla formazione (13,3%). Rispetto ai giovani non in formazione, quelli in formazione erano pure più numerosi ad avere più di un lavoro (il 10,1% contro il 5,1%), a lavorare regolarmente di sabato e/o di domenica (il 24,5% contro il 17,4%) come pure di sera o di notte (il 20,7% contro il 14,6%).
Lavoro a tempo parziale
Nel 2020, il 26,2% delle persone giovani occupate lavorava a tempo parziale (gli apprendisti sono considerati come lavoratori a tempo pieno). Il lavoro con un grado di occupazione ridotto era molto più diffuso tra le persone in formazione che non tra quelle che non lo erano (il 68,8% contro il 20,9%). Che il lavoro a tempo parziale fosse più diffuso tra le donne era già palese anche per le persone occupate dai 15 ai 29 anni (il 34,4% contro il 18,6% tra gli uomini), a prescindere dal fatto che seguissero una formazione o meno.
Disoccupazione giovanile inferiore a quello dell’UE
Nel 2020, le persone dai 15 ai 29 anni disoccupate secondo la definizione dell’Ufficio internazionale del lavoro (ILO) in Svizzera erano 74.400, pari al 6,9% della popolazione attiva di questa fascia di età. Il tasso corrisponde a quasi la metà di quello dell’UE (13,2%).
Sempre secondo l’Ufficio internazionale del lavoro il tasso di disoccupazione si attestava al 10,6% per le persone dai 15 ai 29 anni in formazione e al 5,9% per quelle che non erano in formazione.
Il 6,3% degli U30 è un NEET
Nel 2020, 90 000 persone dai 15 ai 29 anni, ovvero il 6,3% della popolazione di questa fascia di età, non stavano né esercitando un’attività lavorativa né seguendo una formazione e soddisfacevano quindi i criteri per essere considerate delle «NEET» (persone tra i 15 e i 29 anni che non hanno un impiego né stanno seguendo una formazione. L’acronimo sta per Not in Education, Employment or Training). Si tratta di una percentuale in calo rispetto al 2010, in cui si attestava all’8,1%.
Un po’ meno della metà di queste NEET (il 2,8% delle persone dai 15 ai 29 anni) era composta da persone disoccupate ai sensi dell’ILO e quindi attivamente in cerca di un impiego. Di conseguenza, un po’ più di una NEET su due (il 3,4% delle persone dai 15 ai 29 anni) era non attiva. Questa è la quota più bassa di tutti i Paesi dell’UE/AELS, dove variava dal 3,7% delle persone dai 15 ai 29 anni in Lussemburgo al 15,7% in Italia (media dell’UE: 8,6%).
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