Il nuovo accordo fiscale sui frontalieri italiani cambierà le carte in tavola per i lavoratori, ma anche per le aziende. Stefania Padoan, ceo di Padoan Swiss SA ci spiega perché.
Continua la nostra inchiesta sulle conseguenze che il nuovo accordo fiscale dei frontalieri italiani comporta per lavoratori e imprese. Per quest’ultime, il cambiamento potrebbe essere davvero importante, in quanto la nuova normativa renderebbe il lavoro in Svizzera meno attrattivo, andando a ridurre la percentuale di manodopera disponibile, in un contesto già di per sé precario.
«Sicuramente la situazione cambierà rispetto a oggi», commenta Stefania Padoan, ceo di Padoan Swiss SA con sede a San Vittore nei Grigioni. «Mi spiego meglio. Se fino a qualche mese fa un lavoratore italiano era spinto maggiormente nel venire a lavorare oltre confine, con questo nuovo accordo la scelta da parte sua sarà più cauta e ponderata».
Le parole dell’imprenditrice lasciano trasparire uno scenario di profonda incertezza: «Sicuramente sarà un problema di grande rilevanza in quanto in Svizzera c’è carenza di certe tipologie di professionalità che talvolta si trovano oltre confine». Nonostante ciò alcuni vantaggi per i frontalieri oggi permangono, si riferisce in modo particolare «alla quasi parità tra le valute euro e franco. Nell’ultimo anno lo stipendio dei frontalieri che vivono in Italia è aumentato anche grazie a questo espediente».
Come si sta comportando la sua azienda con le assunzioni? C’è qualcuno che - già in processo di selezione - vi chiede cosa cambierà dall’anno prossimo?
«Noi cerchiamo sempre personale competente e formato, ci tengo a dire che non abbiamo comunque discriminazione di territorio.
Oggi quando un frontaliere si presenta per il colloquio vuole essere rassicurato e addirittura con estrema precisione vuole capire quale è e sarà il trattamento fiscale. Purtroppo, però, in questo ambito c’è ancora un bel po’ di incertezza che speriamo si risolva quanto prima possibile. Sarà importante, oltre ad esplicitare quelli che sono i maggiori oneri fiscali, spiegare quali potrebbero essere i benefici che andranno a crearsi a seguito della nuova normativa».
Dal suo punto di vista, c’è il rischio che i cantoni confinanti con l’Italia possano perdere il loro fascino lavorativamente parlando?
«Certamente. In passato le persone vedevano il venire a lavorare in Svizzera come un vantaggio, soprattutto dal punto di vista economico. Con questo nuovo accordo gli italiani vedranno i vantaggi salariali ridursi, tanto da essere meno motivati a farsi ore di macchina e lunghe code per raggiungere il posto del lavoro. Tenendo in considerazione che oggigiorno le persone guardano più al valore del proprio tempo libero».
Con questo nuovo accordo, la concorrenza del lavoratore frontaliere su quello residente si potrà ridurre?
«Sicuramente si ridurrà, ma a costo che ci siano nel territorio lavoratori a disposizione delle imprese. Il tasso disoccupazione attuale è molto basso, circa al 2%. Se questo perdura nel tempo significa che la nuova politica fiscale sui frontalieri provocherebbe molti danni all’economia produttiva della Svizzera. Senza personale, le aziende non riusciranno a crescere, e a quel punto dovranno fare grossi investimenti per poter automatizzare al massimo i processi. Oppure importare manodopera dai Paesi sottosviluppati, senza dimenticare l’attenzione all’essere umano che deve essere sempre il primo riferimento in ogni azienda».
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