La replica dei sindacati: "Il nostro obiettivo è la tutela del lavoratore".
"Ricorso infondato e respinto". È questa la sentenza del Tribunale federale riguardante l’appello presentato, oltre un anno e mezzo fa, dal Sindacato Unia contro la Società svizzera impresari costruttori Sezione Ticino (SSIC TI). A renderlo noto gli stessi costruttori tramite un comunicato stampa, nel quale ripercorrono i passaggi che li ha portati in Tribunale. L’oggetto della disputa: l’interpretazione data del Contratto collettivo cantonale di lavoro (CCL-Ti) da parte del Collegio arbitrale dell’edilizia e del genio civile.
I fatti
A partire dal 23 marzo 2020, in piena emergenza Covid, in Ticino erano state decretate 4 settimane di blocco totale dei cantieri, a cui ha fatto seguito una progressiva ripresa per ulteriori due settimane. Un periodo di tempo in cui vi era una limitazione dei posti riguardo al numero di lavoratori presenti per singolo cantiere. Decisione presa dalla SSIC Ticino “consci della necessità di evitare il collasso del nostro sistema sanitario”, si legge nella nota stampa. La SSIC TI dichiara di aver richiesto fin da subito ai sindacati di intavolare una trattativa per introdurre degli accorgimenti per sostenere le imprese al momento della riapertura, senza però mai raggiungere un vero e proprio accordo.
La posizione della Società dei costruttori
A detta della SSIC, l’ultima proposta fatta ai sindacati si rifaceva al Contratto nazionale mantello (CNM) per concedere alle imprese la revisione del proprio calendario di lavoro annuale. Calendario che, normalmente viene inoltrato entro la fine di gennaio alla Commissione paritetica cantonale (CPC), un passaggio vincolante per la restante parte dell’anno. Per la SSIC TI l’obiettivo consisteva nel recuperare parte del tempo perso nei cantieri a causa del lockdown, dando così la possibilità ai lavoratori di riavere il 20% di salario non coperto dalla disoccupazione parziale. La proposta considerava una quarantina di ore supplementari da distribuire su tutto il resto dell’anno 2020, permettendo così a ciascun lavoratore di recuperare circa i 1’500 franchi persi a causa delle chiusure. Una richiesta a quanto pare respinta dalla parte opposta, a causa ricondotta a una divergenza interpretativa del contratto cantonale che, diversamente da quello nazionale – di cui è un’estensione – non cita espressamente la possibilità di modificare il calendario durante l’anno. A questo punto, la SSIC TI ha sottoposto la questione al Collegio arbitrale della Commissione paritetica cantonale (nominato e riconosciuto da tutti i partner sociali, incluso Unia, proprio per dirimere questo genere di divergenze) “il quale, in data 15 maggio 2020, aveva dato ragione alla SSIC TI”, si legge nel comunicato.
Il sindacato decise di inoltrare ricorso al Tribunale federale contro il lodo arbitrale. In questo modo, sempre secondo la SSIC TI, “le imprese non hanno potuto recuperare il tempo perso, e ai lavoratori mancano 1’500 franchi in busta paga”.
La replica di Unia
Interpellato al telefono Dario Cadenazzi, Responsabile Settore Edilizia Unia Ticino e Moesa, ripercorre la trattativa, avviata nella prima fase della pandemia «La negoziazione con la SSIC è stata avviata in un contesto in cui quasi tutte le aziende si erano fermate a causa dell’incertezza dettata dal Coronavirus».
La tutela dei lavoratori
Nel marzo del 2020 impresari e artigiani chiedevano di sospendere le attività, a causa dei ritardi dei dipendenti per i controlli alla frontiera e al rischio aumentato di infortunio. Per Cadenazzi dunque «Modificare il calendario dei lavoratori, appesantendolo di 40 ore, non era accettabile in quella situazione». A detta sua, non sussistevano le condizioni poiché «In Canton Ticino non si stava verificando una distorsione della concorrenza, bensì una sospensione delle maggiori attività». «Il nostro compito consiste nel tutelare i dipendenti. E in quel momento ci chiedevano di non morire per Covid, ma nemmeno sui luoghi di lavoro. La modifica in questione avrebbe portato l’ammontare delle ore giornaliere a 10».
Il rinnovo del Contratto Nazionale
Nel 2022 giunge a scadenza e dovrà essere rinegoziato. Al tavolo della trattativa siederanno da un lato lavoratori edili e sindacati, dall’altro la Società Svizzeri degli Impresari Costruttori. Secondo Cadenazzi, il comunicato stampa rilasciato da SSIC Ticino ha a che fare con questo: «Diamo una lettura strategica a questa mossa. Guarda caso arriva giusto a 4 settimane dall’inizio dei lavori».
Per Unia tanti i nodi da sciogliere
I sindacati puntano a risolvere i problemi che si manifestano nei cantieri, per migliorare le condizioni dei dipendenti. Da un sondaggio condotto nel 2019, le crescenti pressioni dovute ai tempi di consegna si ripercuotono sulla salute e compromettono sicurezza e qualità del lavoro. Motivi che spingono poi personale qualificato ad abbandonare la professione.
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