Salvo inimmaginabili colpi di scena, il mercato ha già anticipato gli eventi. È questo il momento più stimolante per il wealth management: troppo facile, e poco utile, dare consigli in tempi di pace e stabilità.
Si potrebbe quasi dire che il peggio è passato: anche se la guerra cominciata a tradimento in una notte di fine febbraio, erano le 4 del 24 aprile, minaccia di durare ancora a lungo. Eppure, almeno sul fronte dei mercati se non su quello di battaglia, quel che c’era da compiersi dovrebbe essersi oramai compiuto. «È andata così anche in passato», riflette Fabio Gallo, specialista di investment banking e gestione dei patrimoni privati e istituzionali. Ceo di Act Finanz, società di wealth management dal 2009 a Lugano, spiega che «il mercato storicamente anticipa gli eventi. Ed è quello che è successo anche stavolta, qualche settimana prima dell’inizio del conflitto. Quando poi si aprono le ostilità sul campo, i mercati spesso tendono a stabilizzarsi e magari a riprendersi. Fondamentale sarà la durata del conflitto e seguire l’evoluzione dell’inflazione e le decisioni delle banche centrali».
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Restiamo all’oggi: consigli?
«La cosa che sicuramente non è da fare è lasciarsi prendere dal panico; meglio mantenersi sempre coerenti con il proprio profilo di rischio e gli obiettivi d’investimento. La storia ci ha insegnato che nel lungo periodo i principali mercati tendono a riassorbire ogni crisi».
Che cosa deve fare chi ha un patrimonio da proteggere: si può creare plusvalore in tempi di guerra?
«La nostra impostazione generale è quella di creare portafogli sempre ben bilanciati e gestiti attivamente, diversificando in modo corretto il portafoglio. Ciò vale in particolare nei periodi di incertezza».
Che cosa mettere nel portafoglio?
«I mercati avevano già iniziato a scendere prima dello scoppio delle ostilità fra Russia ed Ucraina. Una discesa causata soprattutto dal deciso rialzo dell’inflazione con conseguente timore per una stretta monetaria da parte delle banche centrali. In una fase come questa hanno ben performato i beni rifugio, come l’oro, il franco svizzero e il dollaro».
I soliti beni rifugio: nient’altro?
«Ovviamente, l’ascesa dei prezzi delle materie prime ha portato alcuni settori a buone prestazioni; ad esempio, i titoli legati all’energia. In Act Finanz gestiamo il patrimonio dei nostri clienti in modo dinamico; l’aver alleggerito la parte equity a fine 2021 ci ha sicuramente aiutato in questo primo trimestre dell’anno».
Parola d’ordine "diversificare", dunque. C’è chi ne aggiunge un’altra: decorrelare. È la strategia giusta, oggi?
«Amiamo mantenere una parte del portafoglio decorrelata dalle principali asset class, puntando su prodotti alternativi di qualità. Importante è anche avere a disposizione una parte di liquidità da investire quando i mercati offrono delle opportunità».
Nel mercato azionario, che cosa preferire?
«La storia ci ha insegnato che nel medio-lungo periodo gli indici americani assorbono meglio di tutti le crisi economiche-finanziarie».
Gallo, nell’indirizzare il cliente non sente mai, e oggi in particolare, troppo forte il peso delle responsabilità?
«Sono questi i momenti che ha un senso il nostro mestiere. Quando tutto va bene in realtà la nostra attività forse neanche servirebbe».
Delle criptovalute che cosa pensa?
«Non le trattiamo. Amiamo molto il concetto di specializzazione, per questo ci occupiamo unicamente di wealth management».
Energie rinnovabili?
«La fase critica che stiamo vivendo ci fa comprendere l’importanza dello sviluppo delle energie rinnovabili. Spesso dalle crisi nascono delle opportunità, però è un processo che necessita di tempo e quindi di gradualità».
Sono loro il futuro, dell’umanità e delle gestioni patrimoniali?
«Le energie rinnovabili offrono vantaggi per la salute dell’ambiente e dell’uomo: non possono che rappresentare il nostro futuro e in una certa misura sono anche già il presente. L’importante è che il dibattito su questo settore strategico sia fondato su basi pragmatiche e non ideologiche, come purtroppo spesso accade. Le energie rinnovabili dovranno diventare economicamente competitive rispetto alle attuali fonti energetiche e questo è un percorso che richiede pragmatismo in particolare nella fase di transizione. Altrimenti, il prezzo da pagare sarà particolarmente elevato».
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