Fino a qualche mese fa, in Ticino, gli sfitti erano un migliaio in più. Ora invece si registra un miglioramento che, tuttavia, non è strutturale.
Fino a due anni fa i locali sfitti erano in continuo aumento. E ora, complice la forte riduzione della costruzione di nuove abitazioni, iniziata alla fine del secondo decennio, e una forte immigrazione che aumenta la popolazione presente in Svizzera, l’offerta non riesce a stare al passo con la richiesta. È quanto è emerso dallo studio diffuso questa mattina da Raiffeisen Svizzera che ha messo in chiaro come, nei primi nove mesi dell’anno, la quota di abitazioni sfitte a livello nazionale sia scesa dall’1,54 all’1,3%. A rendere ancora più difficile l’aumento della disponibilità di immobili sul mercato immobiliare vi sono anche severi regolamenti edilizi e piani direttori e una popolazione propensa a sollevare obiezioni. Anche perché, ricordiamo, negli ultimi decenni nella verde Svizzera lo sfruttamento del suolo è aumentato in maniera esponenziale: stando al Dipartimento del territorio, si calcola infatti che ogni giorno nella Confederazione scompaiano fino a 11 ettari di superficie coltivata, ovvero 1,3 metri quadrati al secondo; solo in Ticino i numeri parlano di 1,5 chilometri quadrati di terreno fertile mangiati ogni anno da edifici, strade e altre infrastrutture.
Ma tornando allo studio di Raiffaisen, viene messo in risalto come le abitazioni scarseggino soprattutto nei cantoni di Neuchâtel, Obvaldo, Appenzello Interno e Basilea Campagna con un rapporto abitazioni tra proprietà sfitte e abitazioni di proprietà, compreso tra lo 0 e lo 0,2%. La maggior parte dei cantoni, nei quali rientrano anche Berna, Zurigo e Grigioni, hanno un rapporto compreso tra lo 0,2% e lo 0,4%. Per il Ticino si parla di una disponibilità compresa tra lo 0,4 e lo 0,6%. Mentre ci sono più case disponibili nel Vallese, con un rapporto compreso tra lo 0,8 e l’1% e nel Giura dove la disponibilità supera l’1%.
La situazione in Ticino
In Ticino, però, fino a qualche mese fa, si parlava di una realtà ben diversa con 7 mila appartamenti sfitti o non venduti, a causa del calo demografico che coinvolge la popolazione ticinese e allo spostamento dei giovani verso città della Svizzera interna. «È vero, avevamo più di 7 mila oggetti vuoti – confessa Giuseppe Arrigoni di Svit Ticino a Moneymag -. Adesso sono leggermente diminuiti e, secondo la nostra associazione, è dovuto in modo particolare all’occupazione degli appartamenti da parte dei rifugiati ucraini. Confontando i dati attuali, che parlano di circa 6000 abitazioni sfitte complessive con la statistica degli appartamenti affittati ai richiedenti asilo, i numeri sono sovrapponibili. Parliamo di 600 unità. Chiaro che è sempre un buon segnale, ma alla luce dei fatti, è un andamento falsato. Il Cantone, inoltre, affitta di 6 mesi in 6 mesi, non a lungo termine, per cui a maggior ragione rappresenta sì un miglioramento, ma non di tipo strutturale».
Arrigoni, le case unifamiliari sono sempre molto richieste?
«C’è sempre una certa scarsità, ma dobbiamo considerare che entro l’anno prossimo alcuni cantieri volgeranno al termine e consentiranno di immettere sul mercato immobiliare nuove possibilità d’acquisto. Questo farà sì che il numero di sfitti torni a un livello abbastanza importante».
Chi le acquista più spesso?
«Notiamo un interesse maggiore da parte della gente del posto o negli svizzeri che forse avrebbero voluto investire all’estero ma che, dopo la pandemia, rimangono piuttosto scettici e preferiscono farlo qui da noi. Vediamo soprattutto il ticinese che tende a comprare la villetta e questo è sicuramente un segnale positivo».
I giovani invece?
«Sono coloro che hanno più difficoltà, perché ancora non hanno accumulato così tanto capitale proprio per poter soddisfare i criteri della Finma. Le banche sono molto severe con l’erogazione del credito ipotecario, per cui il giovane deve fare più sforzi o essere aiutato da parte dei genitori. Ci sono giovani interessati all’acquisto di villette, ma anche di appartamenti».
Come sono cambiate le abitudini dei ticinesi in questi mesi: è aumentata la domanda di interventi di ristrutturazione?
«Con le conseguenze della guerra in Ucraina, il tema della sostenibilità e dell’indipendenza dal gasolio, ha portato diversi proprietari a investire negli impianti solari e a puntare su riscaldamenti di ultima generazione. Per quanto riguarda il fotovoltaico c’è davvero tanta richiesta e i fornitori, spesso, non riescono a starci dietro. Se una persona oggi decide di chiedere un preventivo per la posa dei pannelli, dovrà confrontarsi con un’attesa molto lunga sia per ottenere il preventivo sia per l’installazione, poiché gli impianti mancano. Notiamo poi, anche se a quota inferiore, un aumento delle richieste di interventi per isolare le case dal punto di vista energetico».
Lo Swiss Real Estate Bubble Index, diffuso ieri da Ubs, ha parlato del rischio di bolla immobiliare in Svizzera, è così?
«La statistica di Ubs parla soprattutto delle grandi città estere, in Svizzera sono coinvolte Zurigo e Ginevra. Nel nostro Paese il fenomeno è relativamente modesto. A Zurigo, per fare un esempio, c’è sempre un forte interesse e praticamente lo sfitto non è conosciuto: nel momento in cui si libera un appartamento, la settimana successiva c’è già un subentrante. Per questo personalmente non vedo un reale rischio di una bolla immobiliare. Forse lo potremmo riscontrare maggiormente negli immobili di lusso dove i prezzi sono molto alti; ecco forse lì c’è forse un possibile rischio».
L’addio dei tassi negativi ha innescato una contrazione negli investimenti?
«Non l’abbiamo notato in modo marcato. I proprietari costretti a rimettere in questione la loro ipoteca, l’hanno fatto senza grossi problemi per il momento. Dobbiamo però pensare che ci sono ipoteche a lungo termine a 5 o 8 anni. Probabilmente, dunque, si riscontreranno maggiori difficoltà alla loro scadenza. Per quanto riguarda la vendita, il mercato si è leggermente raffreddato. Dopo il primo rialzo dei tassi di interesse da parte della Bns, è subentrato inizialmente un blocco psicologico: l’acquirente interessato tendeva a frenare sul prezzo, proprio perché c’era la necessità di conservare più soldi possibili per un’ipoteca divenuta più cara. Diversi hanno poi deciso di aspettare ad acquistare. Ora invece sono tornati a comprare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter