Secondo gli esperti, Russia e Ucraina non hanno un ruolo primario nel mercato economico svizzero.
L’economia svizzera risente del conflitto russo-ucraino? Quali sono i rapporti degli Stati coinvolti in questa vicenda, con la Svizzera? Sono solo alcune delle domande che nel corso di queste ore si stanno ponendo l’opinione pubblica e gli operatori economici. In soccorso arrivano le prime considerazioni fatte dagli esperti.
A riguardo David Marmet, capo economista della Zürcher Kantonalbank (ZKB), la banca cantonale di Zurigo, sostiene che l’impatto economico sarà limitato, a causa del basso livello di interconnessione delle due nazioni in conflitto, con la Svizzera.
Stando agli analisti, la Russia non gioca un ruolo primario per la Confederazione e di conseguenza i mercati non hanno reagito in maniera drastica, generando quindi perdite borsistiche gestibili. Un dato tutto sommato ottimistico che va ad aggiungersi alla linea di Thomas Gitzel della VP Bank, secondo il quale la ripresa economica attuale non verrà inficiata dalla guerra.
Ucraina e Ticino
Se i legami con la Russia sono poco rilevanti, quelli con l’Ucraina risultano esserlo ancora di meno, minimi se pensiamo al Canton Ticino. Moneymag.ch ha contattato Monica Zurfluh, responsabile per la Camera di commercio ticinese del commercio internazionale, che ha precisato: «È difficile fare stime precise relative ai rapporti commerciali. Non abbiamo dati certi al momento, li stiamo verificando, perché sono davvero pochi. Su scala Svizzera si parla di 539 milioni di franchi per l’export e di 172 miliardi di franchi per le importazioni. Questi valori, applicati al Ticino mostrano volumi esigui». Vi sono aziende ticinesi con sedi in Ucraina? «La maggior parte delle società presenti in Ucraina sono grosse realtà nazionali. Dal Ticino non ci sono indicazioni e dati rispetto a investimenti in questo Stato».
Aziende svizzere
Il discorso infatti cambia per alcune realtà svizzere, come Sika, Geberit, ABB e Nestlè con unità di produzione dislocate in quella regione. Quest’ultima ha reso noto di aver temporaneamente chiuso tutte le fabbriche, i magazzini e le catene di approvvigionamento presenti in Ucraina per garantire sicurezza e protezione ai circa 5’000 dipendenti.
Nell’intervista a Luca Albertoni, presidente della Camera di Commercio Ticino, è emerso come “diverse decine di imprese del Cantone hanno rapporti diretti e indiretti sia con la Russia, che con l’Ucraina”.
A rischio i trasporti
Tra queste aziende rientra la Cippà Trasporti SA, con sede a Chiasso, specializzata nel trasporto merci. L’azienda non lavora direttamente con Russia e Ucraina, ma ha coperto per terzi il trasporto in quelle zone.
«Siamo un’agenzia di trasporti – dichiara Matteo Seneca, responsabile commerciale della società – ciò significa che non abbiamo nostri mezzi, ma lavoriamo con fornitori in base alle esigenze dei nostri clienti. Copriamo aree a livello mondiale tramite mare e aereo, gestiamo import-export in Europa e in maniera marginale in Europa dell’Est con servizio su strada. Per quanto riguarda l’Ucraina le richieste e di conseguenza il traffico sono marginali».
Quali sono i rapporti con l’Ucraina?
«Le richieste per trasporto verso paesi come Ucraina e Russia sono davvero poche. Le ultime ricevute risalgono ormai a mesi fa. La situazione geopolitica, credo già da tempo, non lasciasse presagire nulla di buono e i contatti si sono via via interrotti con investimenti sempre più prudenti».
Questa situazione sta creando ripercussioni?
«Non possiamo dire che il flusso di lavoro si sia interrotto del tutto. Certamente, nei prossimi mesi potrebbe esserci un’onda lunga data dalle sanzioni imposte a livello europeo. Si potrebbe assistere ad un ulteriore effetto domino sulle importazioni di materie prime, già stressate dal periodo Covid e dall’accentramento di tutti questi prodotti da parte dalla Cina. Direi che però allo stato attuale è ininfluente rispetto a quello che ha generato il Covid negli ultimi due anni».
Cosa accade ai trasporti in queste situazioni?
«L’esperienza ci insegna che in caso di scenari di guerra, è necessario trovare altre vie per giungere a destinazione. Servono alternative senza andare a impattare su queste zone: tragitti più lunghi, tratte più complesse o di mare. Tutto questo va a incidere sui prezzi che, inevitabilmente, subiscono un rialzo. Questo conflitto è iniziato due giorni fa, attualmente è limitato ad una precisa area geografica e credo sia azzardato formulare ora un’ipotesi circa l’effetto che potrebbe generare. Certamente l’augurio è che possa terminare il prima possibile».
Esportazioni ticinesi verso la Russia
Volgendo lo sguardo verso lo stato russo, i rapporti sull’export sono più stretti. E riguardano spesso anche piccole imprese. È il caso della Agroval SA di Airolo, azienda casearia della famiglia Lombardi che dal 2016 fornisce yogurt nel Paese del presidente Vladimir Putin.
«Avevamo iniziato a collaborare con la Russia quando era stata posta sotto embargo dagli Stati, ma non dalla Svizzera» ci racconta Ari Lombardi, direttore dell’azienda. Un lavoro intenso, durato 18 lunghi mesi prima di potersi accreditare presso l’autorità governativa russa. Impegni che ora rischiano di sfumare a causa del conflitto bellico che mette a repentaglio trasporti e collegamenti.
«Per ora non è cambiato niente in termini di volumi. Solitamente gli ordini ci arrivano il lunedì o il martedì. L’ultimo risale a 3 settimane fa. Al momento la situazione generata dal conflitto non ci tocca, ma per saperne di più dovrò attendere fino alla settimana prossima, quando – teoricamente – dovrebbe pervenire il nuovo ordine. Da valutare poi se potremo andare avanti come sempre o se dovremo rivedere la fornitura. Questo in relazione anche alle condizioni per i trasporti delle merci». Le sue speranze? «Mi auguro che il rapporto venga mantenuto».
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