Credit Suisse corregge di nuovo al rialzo le previsioni per il 2022, che ora arrivano al 2,9%. Uno spiraglio di luce potrebbe intravedersi solo nel 2023, ma il condizionale è d’obbligo.
Mai come quest’anno le previsioni potevano rivelarsi clamorosamente sbagliate, da aggiornare di mese in mese: aggravando statistiche e situazioni già fin troppo preoccupanti e comunque, apparente paradosso, troppo ottimistiche. Vedi l’inflazione, corretta al rialzo sempre più importante: le ultime stime, che già incrementavano i valori precedenti, sono di nuovo da rivedere - e di molto. Se poche settimane fa gli economisti di Credit Suisse erano pronti a dire che per il 2022 ci si doveva aspettare un notevole 2,3%, oggi sono già arrivati al 2,9%: un incremento dei prezzi di fronte al quale nemmeno il più modesto 1%, previsto per il 2023, può essere considerato un sia pur lento ritorno alla normalità.
leggi anche
INTERVISTA Svizzera beata: "solo" il 3,4% di inflazione. «Attenti, non c’è molto di cui gioire»
Un ritorno al passato e alla crisi del 2008
Che resta ben lontano nel tempo, in un futuro ancora troppo fumoso e privo, al momento, di qualsivoglia garanzia. Nello studio presentato quest’oggi, gli analisti dell’istituto di bancario concentrano l’attenzione su come il tasso di inflazione, a giugno e a luglio, abbia superato per la prima volta la soglia del 3%: non un semplice numero, ma il livello che non si raggiungeva dalla crisi finanziaria del 2008.
Guerra e siccità, connubio devastante
Complice il continuo aumento dei prezzi dell’energia, peraltro aggravato dalla siccità in Europa e dall’incremento dei costi di trasporto dei prodotti petroliferi lungo il Reno. Le pressioni inflazionistiche, di cui sono stati il motore principale, hanno poi coinvolto altri settori, portando Credit Suisse a peggiorare i suoi numeri.
Meno importazioni di frutta e verdura
Le speranze si devono dunque rivolgere al 2023, quando le pressioni inflazionistiche dovrebbero attenuarsi. Il condizionale è d’obbligo, considerati i molteplici motivi di incertezza mondiale; ma fattori stagionali dovrebbe comunque portare a una riduzione, secondo la banca. L’aumento dei prezzi dovrebbe quindi rallentare, riflettendosi in particolare in un minor costo dei prodotti alimentari e meno importazioni di frutta e verdura, in sostituzione della produzione nazionale. Bisognerà attendere il prossimo anno anche per la risoluzione dei problemi relativi alle catene di approvvigionamento globali. A questo punto, resta da dire, Covid permettendo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter