INTERVISTA Svizzera beata: "solo" il 3,4% di inflazione. «Attenti, non c’è molto di cui gioire»

Sara Bracchetti

09/08/2022

10/11/2022 - 16:59

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Secondo Edoardo Beretta, economista e docente Usi, l’insidia è dietro l’angolo e la situazione rischia di rivelarsi alla lunga peggiore che in Europa, dove oggi l’inflazione supera il 9%. Ecco perché.

INTERVISTA Svizzera beata: "solo" il 3,4% di inflazione. «Attenti, non c'è molto di cui gioire»

Per il capo economista Eric Scheidegger, vice direttore della Seco, la Svizzera è, parola sua, «un’isola di beatitudine»: che non ha bisogno di aiuti di Stato, sgravi fiscali, incentivi e misure straordinarie per far fronte all’eventuale crisi energetica perché gode già di un’economia fertile, vero, e di un’inflazione più bassa che nel resto del mondo, altrettanto vero. Mentre Europa e Usa sono alle prese con ricari del costo della vita oltre il 9%, qui siamo "solo" al 3,4%: ma le virgolette sono d’obbligo, a insinuare il dubbio che, forse, quel numero non sia poi così poco, in un Paese come la Confederazione. Dove i prezzi dove sono già di per sé molto alti e dove i problemi, comunque, iniziano a far capolino. Giusto dunque farci bastare un raffronto con il resto del mondo, che pare proprio stare peggio? Atteggiamento salutare, o foriero invece di brutti presagi? Secondo Edoardo Beretta, docente titolare della facoltà di Scienze economiche dell’Usi a Lugano ed esperto di politica monetaria, non c’è da rallegrarsi troppo per il semplice motivo che si sta meglio degli altri. Anche perché, nel campo dell’incertezza, la situazione, se non ribaltarsi, potrebbe da un momento all’altro aggravarsi.
«Valutato in termini relativi, il tasso di inflazione elvetico è più basso rispetto a quello dell’Eurozona e degli Stati Uniti. In questo contesto, il dato è lusinghiero. Se però sia un risultato con cui si debba convivere, in una nazione con un alto tenore di vita e prezzi già elevati, è questione discutibile».

Professore, estrapolato dal contesto, il 3,4% è davvero basso come invece si va dicendo?
«Un 3,4% di rincari, peraltro un valore medio ponderato che nasconde punte più alte, può costituire un problema in più in una situazione in cui molte economie domestiche si ritrovano indebitate da ancor prima della pandemia di Coronavirus. Peraltro, si va ad aggiungere ai livelli già elevati dei prezzi, cui non sempre si riesce a stare dietro con una crescita salariale adeguata».

Il confronto con l’Europa però sembra benedire la Svizzera. Qual è il conto che non torna?
«Di certo, in questo momento, il 3,4% di inflazione è risultato nettamente migliore rispetto all’Eurozona. Attenzione, però: i rincari europei e americani, intorno al 9%, ci inducono forse a pensare che si tratti di una fiammata più estemporanea, che con il tempo potrà essere più facilmente attutita».

Più di un 3,4% in Svizzera? Com’è possibile?
«Quando i rialzi dei prezzi sono più contenuti, fanno meno male: dunque, è più facile incorporarli nei prezzi finali. Per questo dico che questo 3,4% non è comunque da sottovalutare. Non c’è neanche da flagellarsi, beninteso. Ma è importante tenere monitorato il dato. Su base prospettica, potrebbe produrre conseguenze non trascurabili nel breve-medio periodo».

Stessa crisi, stesse cause, sei punti percentuali di differenza con i Paesi vicini: la Svizzera è più brava? Più fortunata? Come si spiega una inflazione tre volte superiore in Europa?
«La Svizzera ha già un livello dei prezzi particolarmente elevato e non risulta poter essere così sensibile come altri Paesi, che ora pagano il pregresso di una situazione gestita non bene, con tassi di interesse troppo bassi anche quando la congiuntura era ampiamente favorevole. Ma, ripeto, un 3,4% in questa situazione di prezzi già importanti, e in una fase già critica per diverse economie domestiche, non è qualcosa che ci deve lasciare tranquilli. Anche perché non include alcune voci di spesa che però gravano in misura pesante sulle famiglie, escluse dal computo soltanto perché non si tratta di beni di consumo. Mi riferisco, per esempio, al premio delle casse malati».

Per il Ticino si stima un incremento del 10% addirittura. Quali conseguenze prevede?
«Avrà un forte impatto sul potere d’acquisto. E l’inflazione non è altro che questo: il potere d’acquisto che si riduce in modo generalizzato».

La gente ha già cominciato a "sentire" l’inflazione? O è ancora troppo presto? L’estate mitiga la percezione?
«In effetti, si tratta di dinamiche che si rivelano in un periodo, come quello delle ferie, in cui si tende fisiologicamente a spendere di più e ad essere meno attenti a quello che si paga. Inoltre, la stagione fa sì che non vi sia un grande ricorso a beni energetici. Ma per la popolazione non c’è solo la questione dei rincari. Pensiamo, ad esempio, al carburante e alla riduzione delle accise in Italia e Germania. Al confronto, la competitività che la Svizzera poteva vantare in passato e che già aveva parzialmente visto ridursi, si perde».

Qualche analista dice che l’inflazione in Svizzera scenderà con l’autunno. Credibile?
«Io resterei prudente. Ci sono diverse variabili che impediscono di fare previsioni, a cominciare dall’incognita della guerra, le difficoltà di accesso alle fonti energetiche. E non dimentichiamo il Covid, che non è detto sia un problema risolto. Si tratterebbe di un’emergenza sanitaria, è vero, ma con ripercussioni economiche di tutto rilievo».

Lei è scettico, dunque?
«Io, sulle stesse basi che hanno portato qualcuno a stimare una riduzione, non vedo una possibilità concreta di rientro dell’inflazione. Perlomeno, non così a breve termine. Ma c’è un altro aspetto su cui mi preme soffermarmi, riguardo alla policy economica».

Prego.
«L’Europa si sta mostrando iper-interventista nell’adottare misure di sostegno alle fasce della popolazione più deboli, dalla benzina al prezzo scontato dei trasporti. Il rischio è che servano a rinfocolare il rincaro dei prezzi: il fatto che qualcuno, comunque, paghi diventa un incentivo a mantenere stabili i prezzi invece di abbassarli. D’altro canto, la Svizzera deve valutare bene se concedersi a una politica di laissez-faire. Ci sono situazioni di difficoltà da non trascurare, con molte economie domestiche indebitate e presto alle prese con i premi delle casse malati, che sono una spesa obbligata, oltre che con prezzi diffusamente in rialzo. Attenzione a non lasciarci cullare da alcuni numeri che in apparenza sono buoni».

Altrimenti?
«Altrimenti, si rischia un’escalation. Anche perché l’inflazione ha dinamiche subdole, non si presenta necessariamente allo stesso modo e con gli stessi tempi. Non dimentichiamo, poi, che la Svizzera è una nazione che non ha particolare accesso a risorse energetiche proprie. Anche per questo non credo che l’inflazione sarà così passeggera, in Svizzera come in Europa, dove in quest’ultimo caso il problema cronico della dipendenza energetica si è aggravato negli ultimi anni».

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