Anche in Ticino l’occupazione è lievemente in ripresa. Tuttavia la situazione politico-economica altamente instabile preoccupa diversi settori, soprattutto quello dell’edilizia. Ecco la nostra inchiesta.
Talento, tenacia, buona volontà: a volte non bastano per accedere al mondo del lavoro. Alla lista delle caratteristiche necessarie bisogna aggiungere, per forza di cose, anche un’altra: la cosiddetta “agilità”. In poche parole, oggigiorno è necessario essere flessibili, dotati di spirito di adattamento per potersi reinventare; essere disposti a studiare con costanza per apprendere - a volte - un nuovo lavoro. L’Ufficio federale di statistica ha pubblicato i dati relativi all’occupazione dell’ultimo trimestre del 2021 giusto qualche giorno fa. Tra le novità, l’aumento del tasso di impiego della quota femminile, pari all’1,3% contro lo 0,9% segnato dagli uomini. Per Igor Hahn, direttore operativo di Manpower Svizzera, non ci sono dubbi: le assunzioni al femminile rappresentano ormai una vera e propria tendenza, destinata a crescere nel tempo.
«Dal nostro sondaggio Meos (ManpowerGroup Employment Outlook Survey) emerge un quadro positivo: l’81% delle società intervistate ha un piano collegato alla diversità di genere. Una parte di questa, superiore al 50%, ha programmi di allineamento salariale, oltre l’80% piani di equilibrio della popolazione aziendale. È un segnale importante. Per azzerare le disparità, o quanto meno ridurle, credo si debba lavorare tutti insieme».
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Qual è la situazione in Svizzera?
«Nel nostro Paese sussiste ancora un divario salariale importante tra uomo e donna, tra i più alti in Europa. Da qualche anno a questa parte, le aziende con più di 100 dipendenti sono invitate a verificare che non abbiano più del 5% di differenza nei salari uomo-donna. Sappiamo in realtà che in Svizzera è più del triplo. Si stanno però adottando delle misure per ridurre e azzerare questo gap». Mentre per quanto riguarda Manpower? «Uno dei nostri valori aziendali è l’equità. Per questo la popolazione femminile all’interno dell’azienda viene assunta e collocata in base a ruolo ed esperienza. Tra i nostri obiettivi rientra la garanzia di una quota femminile almeno del 50% all’interno del management team».
Occupazione in aumento
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Ust, alla fine dicembre il numero di persone occupate in Svizzera è aumentato dell’1,1% rispetto al 2020. Nello stesso periodo, stando all’Ufficio internazionale del lavoro (Ilo), il tasso di disoccupazione si è contratto al 4,4%. Ma è così anche per il Ticino? Per il direttore operativo di Manpower Svizzera, il nostro cantone rappresenta in realtà un’eccezione. Le proiezioni dell’indice Meos indicano che per i prossimi tre mesi il Cantone registrerà un saldo negativo del 5%. Che cosa significa?
«Trimestralmente – spiega Hahn – monitoriamo le intenzioni delle aziende circa le nuove assunzioni. Nel questionario viene chiesto: Quali sono le intenzioni? Vuoi assumere più persone di quante ne hai oggi? Rimani stabile o diminuisci il tuo organico? In base alle risposte nasce un indice (Meos, ndr) che per la Svizzera si è dimostrato positivo per il secondo trimestre consecutivo. Tra gennaio e marzo di quest’anno il 31% si è detto intenzionato a reclutare nuovi professionisti, per i prossimi tre mesi (da aprile a giugno) il 26%».
Quali sono i settori più richiesti?
«Information Technology e dell’Information Communication Technology (54%). A cui fa seguito il comparto del no profit (con un balzo del 40%) –presumibilmente anche a causa della guerra, la produzione (33%), edilizia (31%) e tutto il comparto che riguarda sanità, educazione, lavoro sociale (29%)».
Perché invece il Ticino si discosta dagli altri Cantoni?
«Lo si deve soprattutto per la composizione dell’economia locale. È in calo il comparto del turismo, ma a quanto pare anche l’edilizia».
L’opinione di Giangiorgio Gargantini, segretario Unia Ticino
In Canton Ticino c’è stata una ripresa? Sì, risponde deciso Giangiorgio Gargantini, segretario regionale Unia e «in ogni caso più elevata di quanto previsto. Negli ultimi sei mesi sono riemersi settori che a causa delle chiusure avevano subito una contrazione. È il caso della ristorazione e dell’alberghiero, dove sono stati segnalati diversi posti vacanti. Una situazione dovuta soprattutto ai lockdown che in prima battuta hanno congelato questi segmenti, costringendo i professionisti del settore a cercare altro. Quando tutto è ripartito, il personale rimasto non era sufficiente. Nonostante questo, la diminuzione della disoccupazione secondo i dati Segreteria di Stato dell’economia e i posti vacanti non permettono di parlare – al momento – di un aumento delle persone impiegate».
Perché il Ticino è diverso dagli altri Cantoni?
«Il mercato del lavoro ticinese ha una struttura fragile». Questo perché un terzo della sua forza lavoro deriva dall’ingresso giornaliero dei frontalieri provenienti dal Nord Italia. «Ciò significa che nonostante si creino posti di lavoro, non si riesce a generare valore aggiunto per la regione. È evidente che quando si vive in un territorio, parte del proprio guadagno lo si spende nelle attività locali. Qua non funziona così. Per fare un altro esempio, con le chiusure dovute al Covid la vendita al dettaglio nel comparto alimentare in Ticino ha subito un notevole incremento, perché le persone facevano la spesa qui. Con le riaperture chiaramente è tutto cambiato». Dalle osservazioni fatte si evince dunque che su un’area così instabile, la situazione politico-economica potrebbe avere un impatto maggiore, rispetto ad altri Cantoni della Svizzera.
Le difficoltà delle imprese
Sì, perché guerra, rincaro dei costi di energia e carburante, difficoltà nel reperire materiali iniziano a impattare sulle aziende, soprattutto in Ticino. Solamente una settimana fa, la Società svizzera impresari costruttori (Ssic, diffondeva un comunicato in cui metteva in risalto le problematiche legate all’aumento dei prezzi e all’approvvigionamento delle materie prime. Gargantini dal canto suo mette le mani avanti: «Non sono un esperto economista e quindi mi è difficile fare previsioni. Ma vedendo già oggi alcune conseguenze, tutti quei settori, edilizia o artigianato, che usano energia o materie prime provenienti dall’Ucraina o dalle acciaierie del Nord Italia, dovranno confrontarsi con costi nettamente superiori. Che potranno tradursi in sospensione dei lavori, ritardi e chiaramente contrazione delle assunzioni».
Agenzia del lavoro, le previsioni non sono rosee
Toni più pessimistici quelli usati da Andrea Bianchi, amministratore unico di Ilkawork SA di Lugano, che ammette: «Le richieste non sono ai livelli degli altri anni». L’agenzia da lui gestita si occupa prevalentemente di contratti interinali per il mondo dell’edilizia quindi del collocamento di figure come pittori, piastrellisti, carpentieri. «Con la carenza di materiali in corso, i cantieri fanno fatica a partire. Normalmente il segmento edile dal mese di marzo si riprende, quest’anno non sta andando così. Riceviamo davvero tanti curriculum, indice del fatto che altrettante persone – ahimè – non stanno lavorando».
Ora oltre alla normale amministrazione, le aziende si ritrovano ora a dover affrontare variabili non previste. Tra consegne allungate e materiali che non arrivano, l’economia risulta bloccata su quasi tutti i fronti. «Con la valuta svizzera forte, le esportazioni subiranno un calo nei prossimi mesi; i materiali scarseggiano e la situazione politico-economica non facilita il decollo del giro d’affari. Dire che c’è poco lavoro sarebbe una bugia, ma anche laddove vi sono prospettive di crescita non si riesce a ingranare».
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