Tra cinque anni i lavoratori che andranno in pensione saranno tra le 10 e le 15 mila. Quali prospettive per il mercato del lavoro in Ticino?
Il mercato del lavoro ticinese gode di ottima salute, almeno stando ai dati raccolti dalla Supsi, in studio commissionato dall’Associazione industrie ticinesi (Aiti).
L’analisi, presentata oggi in una conferenza stampa, mostra in prima istanza l’evoluzione del mercato del lavoro in relazione alle scelte formative delle persone, mentre in una seconda ipotizza previsioni da qui a cinque anni.
Negli ultimi però, i dati sull’invecchiamento della popolazione hanno lanciato un campanello d’allarme che è stato intercettato da Aiti. L’evoluzione demografica particolarmente negativa, potrebbe infatti comportare nel prossimo futuro problemi in tutti i settori, in modo particolare in quello industriale, in cui è risaputo fare affidamento su figure specializzate.
Le prospettive
Da qui ai prossimi 15 anni, decine di migliaia di persone lasceranno il mondo del lavoro e complice il calo demografico, sarà difficile colmare la mancanza di personale.
«Entro i prossimi anni - afferma Oliviero Pesenti, presidente di Aiti - tra le 10 e le 15 mila persone andranno in pensione. Tra il dato che è emerso è quello che ci preoccupa di più, perché ciò significa non avere la forza lavoro necessaria per sostituire quella mancante». Al momento non sembrano vedersi soluzioni possibili all’orizzonte.
La sotto occupazione femminile
Quello che però tengono a sottolineare è il dato relativo alla sotto-occupazione, ovvero quelle persone che lavorano ma che vorrebbero incrementare la propria percentuale di occupazione. In particolare, spicca la percentuale relativa alla popolazione femminile al 15,7% contro quello maschile al 5,4%. Una risorsa per Pesenti secondo cui «dando alle donne la possibilità di entrare nel mondo del lavoro e di rimanerci, trovando soluzioni che permettano loro di prendersi cura della famiglia».
Frontalieri
Anche la questione frontalieri sta a cuore all’associazione degli industriali. Nonostante il loro numero sia andato sempre aumentando negli ultimi anni, il loro apporto lavorativo risulta a rischio nella prossima decade. Oltre ad andare incontro a un invecchiamento della popolazione «con la ripresa economica di Lombardia e Piemonte, potrebbero decidere di non voler più fare due ore tutti i giorni per venire da noi».
Cosa si può fare di concreto?
Sulla stessa linea Stefano Modenini, direttore di Aiti che sottolinea un’azione urgente da parte della politica. Certo le decisioni rimangono pur sempre nelle mani delle imprese, ma è fondamentale che ciascuno faccia la sua parte, per consentire alle aziende di non andare in sofferenza ma soprattutto per garantire equa possibilità alle donne, non costrette a dover scegliere tra carriera e famiglia. «Possiamo fare delle proposte alle istituzioni. É necessario cercare di colmare il gap, potenziando ad esempio i servizi dedicati alle famiglie, di modo che le donne possano entrare nel mondo del lavoro e rimanerci. Questo è un aspetto importante che va risolto».
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