Il granconsigliere Fabio Schnellmann ha esposto le sue perplessità in considerazione dell’elevato numero di profughi ucraini in arrivo in Ticino.
Secondo l’Onu sono già oltre 3 milioni le persone fuggite dall’Ucraina. In Svizzera, stando agli ultimi dati forniti dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM), ne sono arrivate nelle ultime settimane più di 11 mila. La situazione geopolitica e i grandi intenti umanitari della Svizzera portano lo Stato a doversi confrontare con ingressi sempre più consistenti. Se le stime iniziali ipotizzavano 1000 profughi alla settimana, nel giro di poco tempo le valutazioni sono cambiate. Intervistato dal NZZ am Sonntag, Marcel Suter, presidente dell’Associazione dei servizi cantonali di migrazione, ha dichiarato che le stime sarebbero ancora più alte: entro la fine dell’anno i Cantoni devono aspettarsi tra i 250’000 e i 300’000 arrivi.
Le perplessità del granconsigliere Fabio Schnellmann
Mentre negli scorsi giorni la Svizzera aveva mostrano il suo volto più umano e solidale, attivando il permesso speciale S per gli ucraini in fuga, ora questo provvedimento lascia spazio a delle perplessità. Si dice «preoccupato» anche il grancosgliere Fabio Schnellmann, intervistato da Tio/20Minuti. Giovedì scorso aveva preso posizione a riguardo sui social e ha poi ribadito alla testata: «I profughi della guerra ucraina sono stati giustamente accolti dalla Svizzera. Il fatto che però possano praticamente da subito anche lavorare sta generando un po’ di perplessità nella popolazione».
Permesso speciale S
Attualmente sono 2895 le persone che hanno ottenuto il permesso speciale S (per persone bisognose di protezione) e con esso una rosa di diritti immediati: diritto di soggiorno, al ricongiungimento famigliare, ad avere un lavoro, a beneficiare dell’aiuto sociale, ottenere assistenza medica e libertà di movimento. «Siamo tutti assolutamente d’accordo con l’accoglienza – prosegue Schnellmann - È la questione dei permessi S a sollevare qualche dubbio».
Solidarietà a rischio autogol
I suoi timori sono da ricondurre allo sfruttamento e alla sostituzione della manodopera locale con quella ucraina. «Magari anche sotto pagata». «In passato – sottolinea - per altri profughi non eravamo abituati a procedure tanto veloci per quanto riguarda l’ambito professionale».
«Va fatta sensibilizzazione su questo aspetto. Senza che venga male interpretato. Il rischio che un ticinese senza impiego da tempo si veda soffiare il posto da un ucraino qui da pochi mesi c’è». E conclude: «Vorrei che la solidarietà non si trasformasse in un autogol».
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