Con i conti sempre più salati, la disponibilità finanziaria delle imprese viene messe a rischio. L’alternativa per scongiurare il peggio, secondo AITI, rimane ridurre l’attività facendo ricorso all’orario di lavoro ridotto.
Oramai ci siamo, l’inverno sta bussando alle porte. E dopo un’estate contrassegnata dalla siccità, dalla secca del Reno e dal prezzo del gas alle stelle, anche la Svizzera si prepara al peggio. Nei prossimi mesi, infatti, imprese e cittadini saranno chiamati ad affrontare la crisi energetica più difficile della storia. Il monito arriva anche dal Consiglio federale che avverte sulla possibilità di interruzione di luce e gas, oltre al rincaro sulle bollette, che si prospetta dal conto davvero salato. Non c’è condizione che tenga, dalla famiglia media all’impresa, piccola, media o grande, il rincaro per il 2023 sarà del 27%, kilowattora più, kilowattora meno.
I ristoratori, dal canto loro, mettono già le mani avanti, prevedendo orari ridotti o prenotazioni limitate per non sovraccaricare troppo i consumi. Sul fronte delle industrie, poi, la questione si fa ancora più complicata. Sì, perché alcune aziende, a causa delle attività produttive e dei costi che comportano certi macchinari, rischiano di vedere l’importo delle bollette lievitare di parecchie migliaia di franchi.
Le imprese, già toccate nei mesi scorsi dalla crisi della pandemia, sono costrette ancora una volta a farsi i conti in tasca, con un rincaro generalizzato dei prezzi e con una situazione, al di fuori dei confini svizzeri, che lascia spazio solo a timori. Interpellato il direttore dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), Stefano Modenini, ammette: «Le industrie non si abbattono facilmente, ma questa crisi è ben più grave della pandemia, alla quale oltretutto si somma».
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Modenini, i mesi a venire saranno all’insegna dell’incertezza dal punto di vista energetico, come si stanno preparando le industrie?
«Preparazione è quasi una parola grossa considerando le numerose incertezze che stiamo vivendo. Vi sono dei piani di risparmio energetico da implementare, investimenti per la produzione energetica autonoma da fare e qualora i contratti di fornitura giungessero a scadenza nel 2022 o nel 2023, dei nuovi contratti di fornitura da negoziare.
Per quanto concerne i prezzi, che in questo momento è il problema più gravoso, c’è ben poco da fare. Senza un intervento della politica qualche azienda potrebbe essere costretta a ridurre l’attività per non spendere troppo in energia».
Vi sono delle strategie a cui si sta pensando per poter ridurre il consumo energetico?
«Dipende dal tipo di attività e la risposta non può essere disgiunta dal problema dei prezzi elevati dell’energia. Le aziende non hanno certo atteso gli ultimi mesi per ridurre i consumi, lo stanno già facendo da tempo, ma con il progresso tecnico esistono comunque dei margini di miglioramento. Come detto prima, se i prezzi dell’energia resteranno a questi livelli anche nei prossimi mesi non si potrà evitare probabilmente una parziale riduzione dell’attività».
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Come è stato accolto il piano del Consiglio federale?
«Il Consiglio federale si è mosso tardi e in punta di piedi. Tardi perché il potenziale per risparmiare energia esiste e dovesa essere promosso già nei primi mesi di quest’anno visto che il prezzo dell’energia sta aumentando dal 2021. Questo attendismo a mio modo di vedere è figlio del fatto che il Consiglio federale non ritiene plausibile uno scenario del razionamento dell’energia. Tutt’al più il contingentamento. Tuttavia non si considera abbastanza il fatto che le aziende devono muoversi per tempo, con mesi se non anni di anticipo. Per quanto concerne i prezzi poi, il Consiglio federale resta alla finestra. Quantomeno dovrebbe valutare una riduzione se non il blocco della fiscalità che grava sull’energia».
Nel concreto, a qualche azienda è già pervenuta una bolletta più cara? Di quanto?
«Il prezzo dell’energia è aumentato per tutti o lo sarà presto con il rinnovo dei contratti. Difficile stimare l’aumento, varia da caso a caso. Potrei dire almeno del 30-40 % ma abbiamo anche diverse situazioni dove l’aumento supera le dieci-quindici volte».
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Penuria di gas, rischio di sospensione delle forniture e stangata sulle bollette: qualcuno ha già espresso il timore di non farcela?
«È chiaro che se il prezzo dell’energia aumenta di dieci volte in poco tempo, si tratta di costi aggiuntivi che erodono la capacità finanziaria dell’azienda e magari persino la liquidità. Le bollette andrebbero quantomeno rateizzate, senza interessi. Lo spauracchio principale che vediamo arrivare è quello della riduzione delle attività facendo ricorso all’orario di lavoro ridotto. Si eviterebbero molti licenziamenti e si potrebbe continuare a produrre anche se solo parzialmente.
Certamente molti imprenditori si stanno chiedendo come andare avanti, ma molto difficilmente rinunceranno alla propria attività».
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