L’immobiliare resta un porto sicuro in momenti di crisi, a patto di mostrare una mentalità aperta e imprenditoriale: parola di Alessandro Rota di Maison Elite, che guida l’investitore verso le scelte più adatte. «Ci mettiamo nella prospettiva del cliente. Il nostro obiettivo? Non farlo spendere, ma aiutarlo nel business».
Il mattone, in fondo, è come l’oro: qualcosa che si guarda e che si tocca, su cui si può fare robusto affidamento; un bene che sopravvive alle mode e proprio nel momento in cui sembra superato torna alla ribalta con la sua credibilità. Pare strano a tradurre le parole in un’immagine, rossiccio e grezzo l’uno ed elegante e prezioso l’altro; ma poi, alla resa dei conti, si ritrovano al fianco a garantir certezze a un investitore che preferisce concretezza all’immaginazione e i rischi che si corrono nei meandri scuri di un misterioso metaverso dentro la blockchain.
Entrambi investimenti senza tempo, capaci di evolvere con esso e assecondare bisogni sempre nuovi, si stagliano sugli altri soprattutto in momenti come questo di difficoltà dei mercati più volatili, dove ciò che è inconsistente si trasforma in un punto interrogativo.
«A patto di essere lungimiranti», dice Alessandro Rota, ceo di Maison Elite Group. Sede a Chiasso, ma operativa in tutta la Svizzera, si dedica al vecchio per riportarlo al passo con i tempi. Anzi, oltre.
«Noi non costruiamo, ma nemmeno "ristrutturiamo": riqualifichiamo. Anche le parole fanno la differenza», precisa, alludendo al bello di un intervento che non vuole solo riportare una palazzina a essere agibile, ma godibile ai massimi livelli. Obiettivo: vendere, affittare, trarre il massimo profitto nel migliore dei modi, senza però sobbarcarsi le incombenze che precedono l’immissione dell’immobile sul mercato. «Pensiamo noi a tutto, facciamo tutto noi».
Rota, «facciamo» cosa?
«Anzitutto, Maison Elite Group non è un impresa edile. E un general contractor, che raccoglie diverse aziende ognuna specializzata nel suo settore. C’è tutto ciò che serve per avere la casa chiavi in mano, dal progettista giù fino all’arredatore. Siamo in grado di gestire un progetto dalla A alla Z. Compriamo i materiali direttamente alla fonte, così da garantire al cliente un risparmio del 15-20%».
Sicuro? Anche in questo momento in cui i prezzi sono così elevati e c’è la tendenza a speculare?
«La speculazione c’è, ma sta a monte e colpisce il rivenditore prima ancora che il cliente».
Di che cliente parliamo?
«Una clientela facoltosa, che vuole investire e guadagnare. Possiede palazzine o le compra allo scopo di metterle sul mercato come proposte di alto livello. Lo standing è medio alto: abbiamo a che fare con un cliente che ha del "reddito da ristrutturare", allo scopo di migliorare la redditività. Bisogna capire se l’investimento funziona. Preparare un business plan, che comprenda le potenzialità di vendita e di affitto».
Riqualificare invece di costruire ex novo. Forse in Svizzera si è già costruito troppo? I tempi d’oro sono finiti?
«Credo proprio di sì. Sta per essere approvata una legge che mira a uniformare i regolamenti edilizi nei vari comuni e ciò inciderà parecchio sull’edificabilità. Il futuro non è lì. Il futuro è riqualificare il vecchio».
Ma è davvero un affare? Non si dice che riqualificare sia più dispendioso che fare da capo?
«Dipende dai casi. Non è sempre così. Tanti fattori incidono».
Come si fa a riqualificare?
«Una volta definito uno studio di fattibilità, si passa alla fase esecutiva. E’ la parte più difficile, perché richiede un lavoro di controllo assoluto per essere efficace, Serve un project manager che segua tutto. Dalla A alla Z».
La Z cos’è?
«È una casa che sia davvero pronta da vivere, con stanze arredate e biancheria profumata disponibile all’uso. Questa, a mio parere, è una “casa finita”. Rispetto al passato, oggi il mercato ha bisogno di qualcosa di diverso».
Forse anche ieri, ma non si era disposti a spendere per questo. Che ne pensa?
«Penso che bello non vuol dire costoso. Vuol dire avere qualcuno capace di studiare bene il progetto. Lo stesso appartamento, presentato con un colore lievemente diverso, cambia faccia. Non serve strafare: basta una tinta pastello, qualcosa di delicato, ma che non sia il solito. Bisogna cercare l’«effetto wow», quello che ti fa entrare e ti lascia a bocca aperta. Anche se in realtà non c’è niente di lussuoso».
Il segreto è la personalizzazione? Customizzare il prodotto casa secondo l’individuo?
«Esatto. Per questo il confronto con il cliente è costante».
Il confronto con il cliente non allunga i tempi?
«Al contrario, li riduce. Evita problemi successivi che poi aumentano tempi e costi».
Quanto è facile, o difficile, fare business plan così completi?
«Personalmente, il mio margine d’errore è massimo del 5-6 percento. Tante imprese operano in altro modo, preferiscono giocare al ribasso all’inizio ma poi i costi lievitano e l’inganno si svela».
Quanti sono i clienti che vogliono affidare tutto il progetto, «dalla A alla Z»?
«Il 90%. Chi vuole risparmiare sceglie di fare in altro modo e spesso, senza accorgersi, ne paga le conseguenze. Avere una figura centrale che ha tutto sotto controllo consente di controllare anche i costi».
L’investitore ticinese è pronto a tutto questo?
«Purtroppo è conservatore e mostra di avere una mentalità differente rispetto ad altre realtà. In altre zone della Svizzera è più esigente e segue i trend di un mercato che con il tempo si è fatto più competitivo. Oggi la casa ha un aspetto emozionale che non è più irrilevante. Ma a volte si ha l’impressione che il Ticino sia fermo agli anni 80-90. Sa perché ci sono così tanti sfitti?».
Appunto, perché?
«Semplicissimo. Basta andare a vedere le case, offerte a 1500-2000 franchi al mese ma ristrutturate senza una visione, solo con l’obiettivo di spendere il meno possibile. Poi però restano vuote: e questi sono soldi che si perdono. Alla fine, chi ha fatto l’affare? Chi ha speso meno per contenere i costi o chi ha speso 10mila franchi in più e li recupera in sei mesi di affitto? Bastano piccoli accorgimenti, un colore, un effetto marmo: con poche migliaia di franchi la differenza sul prodotto finale può essere enorme».
Perché si sbaglia?
«Perché non si accettano consigli. Oppure, perché si danno consigli sbagliati. Ma è una strategia che non paga, a lungo termine. Chi vuole tenersi il cliente non lo fa spendere: lo fa guadagnare. Bisogna sedersi al tavolo, adottare il punto di vista dell’investitore e trovare, con la competenza che a lui manca, la soluzione reale e migliore per ottenere ciò che desidera».
Serve onestà. Chi ce l’ha?
«Ne serve molta, ma non è solo questione di correttezza. Essere onesti è un investimento: un investimento su se stessi. Bisogna essere sicuri di quello che si promette al cliente».
Resta il fatto che in Svizzera il prezzo degli affitti è troppo caro, fuori mercato. Perché?
«Io credo che anche questo sia un concetto relativo, da contestualizzare a seconda dell’immobile. Duemila franchi per un appartamento anni 80, dove sono stati semplicemente posati pavimenti vinilici di bassa qualità e ridipinte le porte in tutta fretta, sono assolutamente troppi».
Il Ticino in questo sembra avere i problemi maggiori, in particolare le zone di confine. Conferma?
«Il Ticino ha una mentalità poco lungimirante, anche se lentamente sta cambiando. Posso citare ad esempio il caso di un investitore, multiproprietario di appartamenti in affitto, che invece di spendere duemila franchi per ridipingere la casa, come chiedeva un inquilino storico, regolare nei pagamenti da almeno dieci anni, ha concesso uno sconto annuo di 800 franchi per i prossimi cinque anni. La matematica non mente».
Non sarà che il lungo termine fa paura?
«Si tratta però di pochi soldi, che spesi ora valgono moltissimo. Chi non apre i propri orizzonti, nel giro di dieci anni rischia di erodere il proprio patrimonio. Non affitterà più, avrà soltanto spese e dovrà svendere».
C’è anche un discorso di riqualificazione energetica, sempre più attuale. Quando conta?
«È fondamentale. Già ora, nella delibera di un’ipoteca, la soluzione energetica adottata influisce in modo preponderante. Entro pochi anni, sarà determinante. La banca si tutela concedendo denaro per realizzare immobili che manterranno un valore, non che lo perderanno».
Quanto il cliente pensa alla riqualificazione energetica, cosa vede?
«Di base, pensa a cappotto e termopompa. In Ticino la percentuale di edifici con più di 40 anni è stimata fra il 59% e l’73%, il 60% ancora si riscalda a nafta, con problemi di inquinamento, costi di materie prime e approvvigionamento, manutenzione. Entro i prossimi cinque anni dovranno essere ripensati completamente».
Cappotto e termopompa bastano?
«Per cominciare. Il passo successivo è il fotovoltaico che alimenta la termopompa. Un altro step di nuova generazione è rappresentato dai soffitti radianti. Finora siamo stati abituati al riscaldamento a pavimento; di recente, è stato ribaltato concettualmente il sistema. È questo il futuro».
La Bns ha di recente alzato il tasso di interesse. Quali conseguenze avrà sui progetti di riqualificazione?
«Al momento, la gente non si è ancora resa conto di quello che è in arrivo. Prima i tassi di interesse ipotecari erano bassissimi. A dicembre, il tasso a 10 anni era dell’1,20. A marzo del 2,36. Ora è già triplicato. La situazione è molto delicata».
Si rimanderà la ristrutturazione o si scaricheranno i costi sul cliente?
«Io non credo si fermeranno le ristrutturazioni. Sto avendo riscontri proprio in questi giorni. Piuttosto che tenere fermi i soldi in banca, gli investitori comprano, anche se magari sul momento rende poco. Per le imprese cresceranno le opportunità, in particolare per quelle che curano i minimi dettagli e si rivolgono a un cliente esigente».
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