La decisione presa dall’Italia di non prorogare l’accordo amichevole sul telelavoro non è stata accolta bene in Ticino.
Per trovare una nuova intesa sul telelavoro dei frontalieri è necessario che Berna e Roma si siedano a un tavolo per trovare un nuovo accordo in tempi brevi. E come ci sono riusciti durante la pandemia, possono farlo altrettanto nel periodo post-pandemico. Intanto però c’è una risposta sola: dal primo di febbraio l’accordo amichevole firmato nel giugno del 2020 non sarà prorogato. In poche parole qualora un frontaliere lavori da remoto anche per una sola ora, sarà assoggettato alle imposizioni fiscali italiane.
Una mossa che in Svizzera e in Ticino non è stata accolta bene. La revoca dell’accordo non è piaciuta nemmeno a padronato e sindacati che una volta tanto hanno deciso di unire le forze e di firmare congiuntamente una lettera, indirizzata alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (Sfi) a Berna. L’intento: invitare la Confederazione a prendere posizione e a procedere verso la firma di un nuovo accordo. I firmatari, ovvero l’Associazione industrie ticinesi (Aiti), Camera di Commercio del Canton Ticino (Cc-ti), l’Organizzazione cristiano-sociale ticinese (Ocst) e Unia hanno poi messo nero su bianco le motivazioni per le quali ora non è più possibile tornare indietro, spiegando come il telelavoro sia diventato parte integrante della settimana lavorativa.
Per il presidente dalla Cc-Ti Andrea Gehri, «l’atteggiamento italiano» non è giustificato. Il telelavoro «ha portato dei buoni frutti durante il periodo pandemico, ha dato dei buoni risultati e bisognerebbe mantenere questa facilitazione perché i vantaggi anche dal punto di vista ecologico sono indubbi».
Questione importante per la Regio Insubrica
Sulla questione si è interessata anche Regio Insubrica, il cui contributo è stato importante anche per il nuovo accordo fiscale attualmente in fase di ratifica al Parlamento italiano. A Berna e a Roma chiede di ripristinare l’accordo amichevole italo-svizzero. Una presa di posizione che potrebbe smuovere qualcosa, poiché quest’anno la presidenza dell’ente è passata a Massimo Sertori, assessore di Regione Lombardia.
Il tempo scorre
Nei giorni scorsi, Silvana Snider, consigliera per le questioni di frontiera del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, aveva dichiarato alla Rsi che il ministro «conosce molto bene il territorio essendo della zona di Varese», lasciando ben sperare nell’attenzione all’argomento. «In più – ha aggiunto – c’è l’aspetto riguardante la Regione Lombardia, che fa sapere attraverso la Regio Insubrica che questa problematica è molto sentita. Pertanto la si discuterà sicuramente». La questione sarà dunque discussa, molto probabilmente in concomitanza della ratifica del nuovo accordo fiscale dei frontalieri, resta da capire però quando. Alla fine di gennaio mancano solo 20 giorni.
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