A causa della mancanza di figure professionali in molti settori, le aziende ticinesi sono costrette a guardare verso l’estero.
Il mercato del lavoro svizzero, in particolare quello ticinese, sta soffrendo per la carenza di figure specializzate. Il nostro Cantone appare meno attrattivo per i talenti in cerca di impiego e per affrontare il problema un numero crescente di aziende ha coinciato ad ampliare gli annunci di lavoro all’estero.
La rivoluzione nel mondo del lavoro
Con l’arrivo della pandemia, il mondo del lavoro, nel nostro Paese come nel resto del globo, affronta una serie di forti cambiamenti. Oggi più che mai, datori di lavoro e persone in cerca di impiego si muovono su binari diversi, e pare che le loro esigenze fatichino ad incontrarsi.
Nonostante in Svizzera le prospettive occupazionali risultino ai massimi storici, secondo uno studio di Manpower il 76% delle aziende ha difficoltà nel coprire i posti vacanti, e per ovviare il problema il 63% ha intenzione di cercare dipendenti all’estero. Da che cosa è dovuto questo fenomeno? Che cosa si può fare per riposizionare il Ticino quale destinazione professionale? Lo abbiamo chiesto ad alcune tra le maggiori agenzie di collocamento attive sul territorio cantonale. Ecco che cosa ci hanno risposto.
La particolarità del Ticino
Vista la vicinanza all’Italia, lo scenario lavorativo del nostro Cantone è unico nel suo genere. Il fenomeno del frontalierato è la principale causa dei salari mediamente più bassi rispetto al resto del Paese. Tuttavia, secondo alcuni esperti nel campo delle risorse umane, la Svizzera italiana manca di molti altri requisiti per diventare una meta appetibile.
«Non è solo il salario ad attrarre i lavoratori. Specialmente le nuove generazioni, cercano garanzie in termini di flessibilità, smart working e welfare aziendale» spiega Elisabetta De Antoni (a sinistra nella foto), responsabile di Randstad Ticino. «La criticità del Ticino è dovuta alla mancata capacità di andare incontro a queste richieste che sono sempre più frequenti tra chi cerca lavoro».
In termini di paragone con il resto della Confederazione, il nostro Cantone non risulta tra le regioni preferite dove sviluppare una carriera: «Chi si forma qui tende ad andare poi in Svizzera interna, grazie a stipendi più alti e condizioni economiche migliori» Afferma Federica Marotta (a destra nella foto), vicedirettrice di Easy Work.
Sempre più offerte non ricoperte
La ricerca ha fatto luce sulla difficoltà che hanno le aziende nel coprire i posti vacanti: il 21% degli intervistati afferma di non avere problemi, il 63% dichiara di avere qualche difficoltà, mentre il 13% di avere molte difficoltà. Per questo al giorno d’oggi, il ruolo delle agenzie interinali è più che mai importante, soprattutto visto che le imprese faticano a riempire posti vacanti, con sempre più annunci di lavoro non ricoperti. «Le aziende si rivolgono a noi perché fanno fatica a trovare personale direttamente e si affidano alla nostra professionalità. Noi cerchiamo di indirizzarle, adattare le loro richieste al panorama attuale, ma viste le divergenze tra datori e lavoratori non sempre è facile» aggiunge Marotta.
La problematica è condivisa con molte altre agenzie del settore, come evidenziato da Randstad: «Gestiamo decine e decine di posti di lavoro vacanti. Il trend degli ultimi due trimestri è che si fa sempre più evidente il mismatch tra le competenze delle persone a casa e le richieste delle aziende» spiega Elisabetta De Antoni. «A volte ci sono le competenze, ma ci sono lacune nella formazione. Questo mi spinge a sottolineare come le persone oggi debbano investire di più sulle proprie competenze».
Quali settori soffrono di più?
Secondo lo studio di Manpower, a livello nazionale i settori che oggi stanno beneficiando maggiormente delle intenzioni di assunzione sono “Communication Services”, “Healthcare & Life Science” ed “Energy and Utilities”. E’ uno scenario che riguarda anche il Ticino?
«I profili più specializzati sono i più ricercati, specialmente quelli ingegneristici, in ogni ambito professionale. Il settore IT è uno di quelli che tradizionalmente soffre di più, e oggi la situazione sta peggiorando, con molti giovani che cercano soluzioni part-time o in telelavoro» afferma la responsabile di Randstad. «Si risente la carenza anche per la manodopera altamente specializzata, nonostante la ricerca da parte delle aziende sia sempre elevata».
La penuria di lavoratori in questi settori viene confermata anche dalla vice direttrice di Easy Work: «La problematica del settore IT è più che mai evidente, ma anche la manodopera sta soffrendo. Avvertiamo la mancanza di elettricisti, idraulici, installatori fotovoltaici e di colonnine elettriche. Inoltre, specialmente tra i giovani, manca anche il personale d’ufficio con un livello di tedesco madrelingua».
Ricerca di personale all’estero
Allo stesso tempo, le regole attuali disincentivano l’ingaggio dei lavoratori dall’estero, sia tra frontalieri, che quelli provenienti da Paesi più lontani.
«E’ stato tolto il telelavoro per i lavoratori italiani e cambierà la tassazione per i nuovi frontalieri. Ciò renderà sempre più difficile che dall’estero arrivino profili qualificati» commenta Federica Marotta. «In almeno il 50% dei casi dobbiamo aprire la ricerca all’estero. Ci muoviamo in Italia e altre nazioni limitrofe. Specialmente nell’artigianato la maggior parte del personale è straniero. Anche il tasso di disoccupazione, fortunatamente molto basso rispetto ad altre nazioni, incide sul dato di ricerca in altri Paesi».
La responsabile di Randstad considera «inevitabile» l’apertura della ricerca di talenti oltreconfine: «Alcune figure professionali mancano in Svizzera a livello numerico, non solo per una questione di competenze. Se non si continua a formare, ci saranno meno figure adatte ai lavori del futuro. Ci è capitato di riempire posizioni con lavoratori da Italia, Spagna e Francia».
Lo scontro generazionale
L’impatto che la pandemia ha avuto sulle abitudini di lavoro è stato sconvolgente. Soprattutto per le nuove generazioni, che si sono affacciate a questo mondo professionale già rivoluzionato, le necessità spesso non coincidono con le offerte delle aziende, che rimangono più abituate al “vecchio modello” di lavoro.
«Il salario rimane un argomento chiave per chi cerca un impiego, ma recentemente sono subentrate nuove esigenze, come determinati benefit per dipendenti e famiglia, e il reingresso delle donne nel mondo del lavoro» afferma De Antoni. «I giovani cercano forme di orario diverse, più flessibili. Specialmente i talenti del settore IT non vogliono essere legati ad un’unica azienda, ma preferiscono lavorare a progetto in varie compagnie, farsi padroni del loro tempo. Inoltre, evitano troppe responsabilità, non tutti sono interessati a far carriera».
Le difficoltà di incontro tra aziende e giovani in cerca di lavoro sono condivise anche da Easy Work: «Le nuove generazioni hanno nuove priorità. I cosiddetti “boomer” avevano altri valori: oggi i giovani vogliono più equilibrio tra lavoro e vita privata, smart working e orari flessibili, questo causa uno scontro generazionale».
Investire nella formazione continua
Per le due esperte nel settore HR, le leve sulle quali occorre agire oggi sono formazione e orientamento.
Elisabetta De Antoni sostiene che le aziende e i lavoratori debbano fare un passo reciproco per trovare un punto di incontro: «Occorre investire nella formazione continua. Da una parte deve essere uno stimolo per i lavoratori, di chi vuole crescere. Dall’altra parte anche le aziende devono organizzare questi percorsi al loro interno».
Portare l’orientamento a un nuovo livello
Per ovviare al problema della carenza di personale specializzato, più evidente nelle giovani generazioni, occorre agire sul miglioramento dell’orientamento.
«L’orientamento a scuola va rivisto. Occorre rendere più attrattivi certi settori, al giorno d’oggi in Ticino tutti fanno scuola di commercio» spiega Federica Marotta. «Le aziende devono rendersi più attrattive per i giovani, inviando questionari per capire le lacune, partecipare alle misure di orientamento e incrementare il sistema di welfare».
Una posizione condivisa anche dall’esperta di Randstad: «Chi è nelle scuole va indirizzato su ciò che cerca il mondo del lavoro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Iscriviti alla newsletter