Con 29mila ettari di superficie, pari all’11% dei campi a cielo aperto, i semi oleosi hanno superato di gran lunga le barbabietole e triplicato i numeri delle patate.
Colza e girasole: eccolo il vero oro svizzero, e non solo per il colore. Sono i semi oleosi di queste due piante a dominare il mercato degli oli e dei grassi vegetali: un business in crescita, con 29.000 ettari di superficie che oggi rappresentano ben l’11% di quelle coltivate a cielo aperto. Più della barbabietola da zucchero, 17.600 ettari; quasi tre volte la patata, 11.000 ettari.
Quanti ne mangiamo
Nel 2020, 6.654 aziende svizzere hanno coltivato colza, producendone 88.100 tonnellate; 1.930 aziende si sono dedicate ai girasoli, per 12.300 tonnellate. Grazie a questi numeri, la Svizzera è dunque oggi in grado di coprire il 24% del fabbisogno interno, che si attesta sui 17,8 chili pro capite di oli e grassi vegetali, fra cui 5,9 chili di olio di colza e 5,2 di olio di girasole.
Dove si coltivano
Le colture sono concentrate nelle regioni dell’Altipiano. Circa la metà della superficie a colza si trova nei cantoni di Vaud, Berna e Argovia; nel canton Uri, Obvaldo, Nidvaldo e nell’Appenzello esterno, invece, negli ultimi decenni non è stata prodotta. Circa il 90% dei semi oleosi si trova in pianura; marginali le quote che si registrano nelle zone di montagna, mentre le zone collinari riescono, sia pur con numeri modesti, a ospitare qualche piantagione in più di colza.
La situazione del biologico
Poche, però, le coltivazioni biologiche di semi oleosi. Nel 2020 riguardavano il 5% appena delle superfici, per una quota bio della colza pari al 2% e dei girasoli pari all’8%. Da segnalare, di contro, come un terzo della soia elvetica sia invece biologica. Per zucca da olio e lino si arriva invece a percentuali parecchio importanti; la quota bio ammonta rispettivamente a più del 45% e 70%.
Quanti soldi ci portano
In media, negli ultimi cinque anni il valore di produzione annuale dei semi oleosi in Svizzera, contributi di superficie compresi, è stato di circa 99 milioni di franchi. Una cifra che sta a indicare come i semi oleosi rappresentino il 13% del valore di produzione dei campi e il 2,4% dell’intera produzione vegetale.
Il declino del biocarburante
Oltre che per il consumo umano, gli oli e i grassi vegetali sono utilizzati anche come cibo per gli animali da reddito, soia in particolare; la colza ha per lungo tempo alimentato invece il mercato degli agrocarburanti. Avviata con entusiasmo negli anni ‘90 con 1.600 ettari, la produzione finalizzata a diventare biodiesel ha raccolto le aspettative di chi credeva in una fonte di energia più rispettosa dell’ambiente, tanto che nel 2008 era stata introdotta un’agevolazione fiscale dedicata. Dopo il 2010, però, sulla base degli studi di Ocse e Banca mondiale, venne dichiarata l’inefficienza dei biocarburanti derivanti dalla coltivazione di piante, dal punto di vista ecologico ed economico, rispetto al petrolio. I requisiti legali in Svizzera vennero dunque modificati e la colza, intesa come materia prima rinnovabile, è oggi praticamente scomparsa.
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